#Vittime di carnefici chiamati”bravi ragazzi”

DI MICHELE PIRAS

“Era un bravo ragazzo”.

È una frase molto diffusa.

È lo sgomento di una comunità quando realizza che anche una persona cosiddetta normale può uccidere o tentare di uccidere la propria compagna.

Ma il germe è più profondo della superficie.

Culturale, ancestrale, cova in millenni di supremazia e stereotipi maschili, nell’idea che vi sia una sorta di diritto di proprietà sulle donne, nella convinzione che l’onore e la reputazione vengano lesi quando a scegliere è la donna, affonda nel sospetto che corrode.

È una tragedia sempre, ma le prime vittime sono le donne, va ricordato.

Perché fino a quando non si partirà dalla radice del problema, staremo ancora qui a piangere e inveire, senza mai iniziare a risolvere niente.

Piera si è salvata e può raccontare di aver visto la morte in faccia, tante altre non potranno farlo.

Piera dovrà convivere con quel mostro ancora per tutta la vita.

Il suo carnefice si è tolto la vita.

A tutti noi che abbiamo figli spetta offrire modelli maschili diversi, allo Stato spetta il dovere di smetterla di far finta che la battaglia contro i femminicidi e la violenza sulle donne sia solo una questione ideologica.

A tutti noi spetta il dovere di esserlo tutti, un po’ più femministi.

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