Le visioni di David Sylvyan

DI OSCAR PIAGGERELLA

 

Sono stati spesi fiumi di parole sull’opera di David Sylvian, autore a me molto caro. Quella voce calda e dalle grandi possibilità tonali, ricca di soluzioni, di emozione. Quella musica che ti coccola nella nostalgia dei testi, quell’artista che ha sempre voluto sentirsi vero in quel sentimento che ti chiede solo di essere vissuto fino in fondo.

La nostalgia, prima di manifestarsi come un sentimento, è l’emozione che ti fa sentire felice di essere triste per qualcosa che non hai vissuto.

La pregevole biografia scritta da Christopher Young, dal titolo “Alla Periferia” (2015 ed. Malin Publishing Limited), testimonia l’aspetto umano e musicale di David Sylvian in maniera più che soddisfacente. Quando nel 2014 lo scrittore inglese venne in Italia, a Roma, incontrò l’amico Andrea Polinelli il quale , a sua volta gli presentò Antonio Magli.

I due musicisti italiani in quell’occasione eseguirono brani del musicista inglese, adottandoli al sassofono e al pianoforte. Così nacque l’idea, poco dopo, di pubblicare il cd Visions Of Sylvian. L’album edito per la AlfaMusic e distribuito dall’Egea nel 2017, non vuole essere assolutamente un disco di cover ma bensì un contributo all’immenso catalogo discografico di Sylvian da parte di artisti italiani che non avevano mai partecipato alle sue incisioni.

E’ notorio, per chi come me, segue Sylvian fin dai suoi esordi con i Japan (Richard Barbieri, Mick Karn al basso e alla batteria il fratello Steve Jansen), come le sue composizioni miscelino magistralmente il pop con la sperimentazione, l’improvvisazione, l’elettronica e l’avanguardia storica.

Infatti, nella sua discografia, spesso collaborano artisti di altissimo livello di tutte queste tendenze, quali Jon Hassell, Robert Fripp, Holger Czukay, Ryuichi Sakamoto, David Torn.
Di conseguenza, affrontare un disco di “rilettura compositiva” del lavoro del’artista inglese, per Polinelli e Magli non è stata cosa facile per non cadere nella banalità di esecuzione di cover.

Si è trattato dunque, a detta degli esecutori italiani nelle note di copertina del cd, di non ridurre o adattare qualcosa di preesistente, ma di rielaborare il contenuto dandogli una nuova forma sonora pur mantenendo intatto il messaggio emotivo.

Prima però di passare al disco in se stesso voglio presentarvi i due musicisti italiani: Andrea Polinelli nasce a Genova nel 1958. Per motivi del lavoro del padre, passa l’infanzia e l’adolescenza in vari stati europei e a vent’anni si trasferisce a Roma per studiare al Conservatorio di Santa Cecilia diplomandosi in Sassofono, Jazz e Didattica. Tutt’ora risiede nella capitale.

Polinelli è un compositore e solista molto eclettico in quanto ha suonato in gruppi jazz fino a collaborare con le arti visive e la danza. E’ autore anche del film documentario sulla carriera italiana della danzatrice americana Roberta Garrison dal titolo: “Un Passo Avanti”, ed è stato curatore e traduttore dell’edizione italiana della già citata biografia su Sylvian “Alla Periferia”.

E’ stato anche docente presso i Conservatori di Venezia, Monopoli e Latina ed è tra i fondatori della Fonderia delle Arti a Roma, e sempre in questa città ha insegnato Storia del Jazz presso la Casa del Jazz. Nella primavera scorsa, durante un soggiorno a New York ha suonato con il Scott Reevers Quintet, tenendo poi, al City College Of New York, una masterclass sulla Storia del Jazz Italiano.

Antonio Magli, invece, nasce a S. Vito dei Normanni nel 1965 e oggi vive a Brindisi. Pianista elegante e sopraffino, studia anche lui al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Anch’egli, nella sua peculiarità eclettica di esecutore e compositore, si è rivelato tale in diversi generi musicali. Già tastierista del gruppo Indaco, ha collaborato con gli storici musicisti del Banco del Mutuo Soccorso, con Mauro Pagani della Premiata Forneria Marconi e con tantissimi altri del panorama musicale italiano.

Ha fatto anche parte dell’organico Ars Ludi & Ready Made Ensamble diretto da Gianluca Ruggeri e Steve Reich, occupandosi della regia del suono presso l’Auditorium Parco della Musica in Roma. E’ stato inoltre co-fondatore del gruppo Altraforma incidendo accanto al sassofonista Xavier Girotto, oltre a collaborare in diversi progetti musicali per l’etichetta discografica AlfaMusic. Con Raffaele Califano Quinter nel 2015 incide Brush Up in cui è stato ospite il trombettista Fabrizio Bosso.

E sempre con Raffaele Califano partecipa a Horizontal Dialogues (2017) che vede ospite il sassofonista americano Seamus Blake. Magli e Polinelli suonano insieme da più di venti anni, la loro esperienza è ricca di collaborazioni live e in studio effettuate con numerosi artisti e organici strumentali che vanno dalla big band a formazioni più ridotte fino al consolidato duo jazz con il quale i due musicisti riescono a esprimere tutta la loro musicalità, liberi da strutture precostituite, dando vita ad interessanti momenti di interazione improvvisativa.

Tornando al cd, fu Christopher Young a suggerire ai due musicisti italiani di seguire un ordine cronologico nella rielaborazione dei brani di Sylvian.

Si parte con Forbitten Colours, brano molto noto in quanto venne inserito nella colonna sonora del film Merry Christams Mr. Lawrence e co-firmato con Ryuichi Sakamoto. Per sottolineare la maturità raffinata e compositiva dell’ autore inglese, per la seconda traccia viene scelta Orpheus che troviamo nell’album Secrets Of The Beehive del 1987.

Poi gettano uno sguardo sull’improvvisata reunion notturna dei Japan di Rain Tree Crow (in cui tra l’altro partecipò anche un meraviglioso Michael Brook ideatore della “infine guitar”) scegliendo il brano Every Color You Are. Nel 1995 David Sylvian inizia tutta una serie di collaborazioni considerate minori; considerazione che io, personalmente, non concordo: il musicista inglese ebbe collaborazioni, a mio avviso di tutto rispetto, anche con strumentisti italiani.

Ecco allora che in Visions Of Sylvian di Polinelli e Magli compare una splendida “reinterpretazione” di Come Morning (co-firmata con Nicola Alesini) tratta dall’album Marco Polo. Unico brano eseguito qui in trio, dove viene chiamato a partecipare Nicola Alesini al folk clarinet e al sax soprano.

L’album, sopra citato, nel titolo fa riferimento alla vicende dello storico esploratore veneziano ma è soprattutto rivolto metaforicamente ad un viaggio immaginario verso l’ignoto. Il disco, uscito a nome di Nicola Alesini e Pier Luigi Andreoni (quest’ultimo tastierista e percussionista di cui, in questi ultimi anni, si son perse le tracce), oltre a trovare un David Sylvian in splendida forma vocale -e di compositore- rivela musicisti come David Torn, Harold Budd, Arturo Stalteri, Roger Eno (fratello minore del più noto Brian).

Il cd Visions of Sylvian prosegue “reinterpretando” quattro brani tratti da Dead Bees On A Cake del 1999 (a mio parere capolavoro assoluto di Sylvian per la sua dolcezza e introspezione). Polinelli e Magli scelgono Midnight Sun, Godman, Pollen Path e le splendide Wanderlust e Darknest Dreaming. A chiudere questo pregevolissimo cd è Messenger,tratto dall’album Equus (2004), brano che vede collaborare Sylvian con un trio rock americano: i Blonde Redhead.

Durante una piacevolissima e amichevole conversazione telefonica con Polinellii ho chiesto se avessero qualcos’altro in cantiere. Polinelli mi ha risposto così: “Certamente, abbiamo intenzione di portare avanti un ulteriore progetto di rielaborazione di altri brani della produzione discografica di Sylvian dal titolo Three Horses con la partecipazione, questa volta, di Christopher Young alla voce.

Anche questo progetto, come è stato per Visions Of Sylvian, nasce dall’idea di interpretare, piuttosto che meramente eseguire, l’opera del musicista inglese. Ne conseguirà, anche qui, una ricerca musicale che non ha niente a che vedere con il lavoro di una tribute band o di una cover band.

Three Horses vuole generare atmosfere e apporti vocali al fine di produrre un paesaggio sonoro che rifletta ciò che noi sentiamo sia il cuore del lavoro di Sylvian e alla base di ogni sua opera specifica”.

In conclusione sono convinto che David Sylvian abbia giocato una splendida partita dettando le proprie regole. Con le stesse regole questi due musicisti italiani hanno meravigliosamente giocato la loro.

A cura del Feelin’ Blue

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