Quand’è solo, l’uomo deve stare attento a non divorare sé stesso, sentendosi come una canna cava al suo interno, esposta a tutti i venti, e senza alcun riparo.
In questi momenti, la cosa migliore è ricorrere agli amici morti, musicisti, scrittori, che ormai non fanno più parte del mondo e che, proprio per questo, non lo disturbano nella sua scelta di solitudine.
Quand’è con gli altri, l’uomo deve stare ancora più attento. Confitto nella massa, il pericolo più grande è di farsi divorare da quella belva cieca e ferina, irrispettosa di qualsiasi singolarità, che è la folla.
L’unico rimedio qui è quello di trovare presto uno specchio, magari un istante di serenità nel primo bagno disponibile, e di fissare a lungo la propria immagine, liberandola dai graffi e dalle mutilazioni a cui la calca l’aveva sottoposta.
Quando si sarà recuperato il proprio volto, però, bisogna attivarsi assai rapidamente: non c’è altra salvezza che la fuga, alla ricerca spasmodica della prima solitudine che si incontra per strada.
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