Radio Story. Quando nacque la pubblicità radiofonica?

di Enzo Mauri (speaker radiofonico)

La storia racconta che in Italia i primi esempi di pubblicità radiofonica coincisero con la nascita nel 1926 della SIPRA (Società Italiana Pubblicità Radiofonica Anonima) che si occupò di gestire il servizio per L’URI (Unione Radiofonica Italiana) poi EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) e infine per la RAI, vi sorprenderà sapere però che le cose non andarono proprio così.
Di pari passo con gli USA, già nel 1923 in Italia esisteva chi aveva ideato il proprio sistema di pianificazione commerciale via etere. In quell’anno l’ingegner Luigi Ranieri, l’inventore dell’Araldo Telefonico il primo esempio italiano di telefonia circolare che forniva svariati servizi via cavo, creò assieme al figlio Augusto una stazione chiamata Radio Araldo.
I Ranieri, furono i primi nel nostro paese ad individuare nella pubblicità il miglior strumento di sostentamento per entrambi i canali di diffusione di cui erano stati creatori e fondatori. Le società commerciali potevano promuovere i loro prodotti su entrambi i mezzi di comunicazione, ma non solo.
Proprio come avviene ora, gli inserzionisti pagavano in base alla fascia oraria scelta per la trasmissione dei comunicati, il cui testo veniva scritto da loro stessi su appositi moduli. In pratica negli orari ritenuti di maggior ascolto, la pubblicità costava di più rispetto a quelli marginali.
Il costo medio si aggirava sui 75 centesimi a parola, non proprio economico ma sicuramente inferiore a quello dei giornali, nei confronti dei quali l’Araldo Telefonico e Radio Araldo potevano vantare due importanti vantaggi: raggiungevano un pubblico più numeroso rispetto a quello che si serviva della carta stampata, inoltre la trasmissione in diretta consentiva modifiche dell’ultimo minuto, con l’inserimento di avvisi urgenti a tariffa doppia rispetto a quella tradizionale.
Decenni dopo le neonate radio libere avrebbero adottato un sistema simile ma con tutte le difficoltà del caso: ogni spot costava poche migliaia di lire, in genere ci si rivolgeva agli esercenti del proprio quartiere disposti a spendere ma non più di tanto, inoltre affinché i ricavi permettessero entrate consistenti, il numero di contratti doveva essere considerevole.
Quanto alla realizzazione ci si affidava alla buona volontà e creatività dei conduttori i quali, di solito gratis, prestavano le loro voci su brani scelti a casaccio fra i vari successi del momento, senza neanche tenere conto delle parti strumentali o cantante.
Entro breve la metamorfosi da radio libere a private, rese le emittenti delle aziende vere e proprie, dotate di concessionarie pubblicitarie in grado di fornire grazie all’opera di studi di registrazione professionali, spot di altissimo livello.
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