Andrea Tavernier, Finita la messa

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

La biografia del pittore torinese Andrea Tavernier procede, tutto sommato, senza troppi scossoni.

Un’esistenza relativamente ordinaria, le cui informazioni biografiche rimangono relegate a cicli di studi, premi e riconoscimenti, sufficienti per inquadrarne l’andamento, ma troppo esigui per identificare un autore tanto particolare.

Gli studi presso l’Accademia Albertina, dove beneficia dello insegnamenti, tra gli altri, del maestro Andrea Gastaldi, inquadrano un artista indubbiamente ligio ad una formazione consueta e ordinaria, tuttavia non in grado di arginarne l’irrefrenabile necessità di spostarsi e viaggiare, pur entro perimetro e panorama nazionali, al fine di cogliere elementi ed effetti caratterizzanti un’aura di paesista troppo diretta e malinconica per ritrovarsi limitata ad una quotidiana ordinarietà.

Si sposta a Roma e poi verso la Riviera Adriatica, e sarà proprio quest’ultimo luogo a permettergli di trovare quella connotazione luminosa schietta e ideale, mancante nei lavori precedenti, tale da far assurgere la semplice visione di un paesaggista, per quanto appassionato, ad una dimensione superiore; la stessa che, nel primo decennio del 1900, lo indurrà a cimentarsi sperimentalmente anche su temi simbolici e favolistici.

A questo, proposito, occorre considerare sia le origini dell’artista, che la caratteristica rappresentazione che egli tenta di offrire nell’opera proposta, Finita la messa – Zoldo Alto, realizzata intorno al 1897, tra cui la particolarità del comune scelto, collocato nel bellunese e di antica tradizione autonoma.

Conosciuto per i piccoli borghi da cui era originariamente formato, nonché caratterizzato dalla specifica lingua zoldana, normalmente ricompresa tra i dialetti ladini, ma non scevra di elementi riconducibili alla tradizione prettamente veneta.

Il dipinto fotografa la tipica scena delle donne, al termine della celebrazione religiosa domenicale, sobriamente mostranti la propria condizione sociale, evincibile anche dallo sguardo, talvolta rivolto direttamente verso l’osservatore, che tra abito tradizionale domenicale ed evidente abitudine settimanale, si riconduce ad un periodo storico in cui le aggregazioni sociali, soprattutto dal punto di vista femminile, non erano probabilmente caratterizzate da una frequenza eccessiva.

Retaggio di antiche tradizioni culturali, spesso ricordate anche in trasposizioni cinematografiche: nel film Non ci resta che piangere, Pia, una deliziosa Amanda Sandrelli ingenuamente persa nell’immagine dell’artistico-esotico Mario, bidello del 1900, catapultato inspiegabilmente e suo malgrado nel 1492.

Non fa mistero di poterlo rivedere solo la domenica successiva, appunto in occasione della Messa, unica occasione per la ragazza di uscire, peraltro sempre accompagnata…

Andrea Tavernier 1858 – 1932
Finita la messa (1897c.)
Olio su tela (161,7 x 95,5 cm)
Torino – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea

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