Tomba di Rudolf Nureyev

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Presso il Cimitero Ortodosso di Nostra Signora del’Assunzione, sito a pochi chilometri da Parigi, a Sainte-Geneviève-des-Bois, c’è un sepolcro diverso da tutti gli altri.

Anzi, solo avvicinandosi è possibile rendersi conto che si tratta di una costruzione in pietra e non di un reale drappo sistemato per coprire un sarcofago sottostante.
È la tomba del celebre danzatore Rudolf Nureyev.

Unico nella vita, altrettanto nella morte. Colui il quale, nelle parole di Pierre Bergé, compagno di vita di Yves Saint Laurent, nonché grande amico del ballerino russo, entrava in scena con un balzo e ne usciva con un sospiro, riposa all’ombra di un incredibile capolavoro, progettato dallo scenografo Ezio Frigerio, scomparso nel 2022 all’età di novantuno anni, poi realizzato dagli eccelsi mosaicisti dello Studio Akomena di Ravenna, capitale del mosaico dai tempi dell’impero bizantino che mai ha ceduto ad alcuno lo scettro del proprio impero artistico.

Il mosaico, in forma di kilim kazako, un tappeto di grande pregio tessuto come un arazzo, riproduce il fedele complemento che il danzatore amava portare sempre con sé in ogni suo spostamento come supporto per i consueti esercizi di riscaldamento, forse anche in ragione di quella sottile scaramanzia che tanto spesso anima gli artisti.

Migliaia di tessere vitree, utilizzate in guisa di una vera e propria stoffa, grazie alla sontuosa maestria degli artigiani esecutori, imitano alla perfezione le pieghe del tappeto, conferendo all’osservatore la reale impressione che sotto vi sia nascosto un sarcofago, quando invece la sepoltura si trova, in realtà, a livello del terreno.

Un’illusione ottica sospesa tra la pesantezza di un tappeto e la leggerezza del suo proprietario, fuse nella rievocazione dell’origine nomade di quel barbaro proveniente dalla Manciuria, come lo stesso Nureyev amava definirsi, poi assurto alla dimensione di Tartaro volante, come molti erano soliti appellarlo.

Un’opera d’arte che riassume, nei suoi presenza e aspetto, il concetto di una forza della natura magnetica e travolgente – Elisabetta Terabust, l’étoile per la quale lo stesso Nureyev coniò il soprannome di Divina, non nascose mai il timore che le provocava accompagnarlo in scena, a differenza del di lui compagno Erik Brün, splendido ballerino di scuola danese, apparentemente freddo, in realtà profondamente sensibile – per una vita vissuta tra linee pulite e colori sfavillanti.

Nulla di più adatto di un mosaico per descrivere chi, affacciatosi al mondo da un vagone della Transiberiana, grazie ad intelligenza e istinto aveva recepito l’aristocratico fascino di chi poteva mitigarne l’irrequietezza, a sua volta comunicando quella straordinaria, ingovernabile energia in grado di stravolgere schemi prima di allora incontrovertibili.

La perfezione di una costruzione in pietra, rigida e incorruttibile, eppure percepita come calda e avvolgente: cromaticamente distesa tra la passione del rosso e la regalità dell’oro, momentaneamente acquietata dal tenue ceruleo di un lutto orientaleggiante.

Un monumento destinato a rimanere nella storia, esattamente come il personaggio che ricorda e celebra: tutto sommato meno conosciuto rispetto ad altre sepolture di fama più altisonante, che trova anche in questo la forza di quel sussurro che ha accompagnato fuori di scena il tartaro volante, ma mai lo ha posto dietro le quinte…

Tomba di Rudolf Nureyev (17 marzo 1938-6 gennaio 1993), Cimitero Ortodosso di Nostra Signora dell’Assunzione, Sainte-Geneviève-des-Bois, Francia. Progetto: Ezio Frigerio. Realizzazione: Studio Akomena, Ravenna

Immagine: https://www.akomena.com/

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