Da Milano a Firenze è il viaggio in treno, terza classe, che in “Lungo viaggio di Natale” (pubblicato da Guida nel 1990) descrive Vasco Pratolini.
Siamo nell’immediato dopoguerra e in questo racconto popolare traboccante d’affettuosa nostalgia si respira la povertà e tutta la voglia di libertà degli italiani appena usciti dalle barbarie del fascismo e della guerra.
Con il grande scrittore fiorentino si ritrovano “tante zolle d’Italia… ciascuno con una propria storia che si struggeva di rivelare”; tra gli altri: un russo misterioso, un qualunquista, un repubblicano mazziniano, una vivace ragazza tutta angoscia.
Il vagone è gelido, ma per scaldarsi basta “entrare nel cerchio delle voci”, se questo non è sufficiente si raccatta un po’ di carta, qualche foglio di giornale e s’accende un piccolo fuoco.
Una povera e calda comunità di persone che vogliono dire la loro sull’America, la Russia, i politici che pensano ai fatti loro e così via.
Al mattino la luce ferisce gli occhi… E se chiudi il libro e guardi fuori del finestrino puoi ricordare quanto era bello il paesaggio italiano quando era bello, prima che seconde e terze case, capannoni, incendi, speculazioni e amministratori scellerati ne praticassero lo scempio e sentire un moto di riconoscenza verso quella generazione di italiani che ci liberarono dal fascismo, condotto verso la democrazia e una condizione che ogni giorno era migliore del quello del giorno prima.
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