In Italia ci accorgiamo della poesia solo quando un/una poeta vince il Nobel per la Letteratura com’è successo quest’anno con la statunitense Louise Glück.
Per lamentarci poi del fatto che i poeti non vengono pubblicati o se lo sono, come nel caso di Louise Glück, è solo da parte di piccole case editrici dai mezzi limitati.
Se questo accade è perché in Italia pochi leggono poesia, temo che anche tra gli aspiranti poeti non tutti lo facciano con assiduità e costanza.
Eppure sarebbe molto utile che lo facessero, non solo alla poesia in generale ma alla loro. Si accorgerebbero così che per fare poesia non basta andare a capo a metà di un bel pensiero ma scavare a fondo dentro di sé, ragionando e ragionando sull’uso, sul suono, sul significato, sul perché di ogni parola usata.
Questo lavoro interiore, la limatura di ogni termine, il silenzio e l’attesa necessaria per farlo renderebbero tutto più chiaro e comprensibile, compresa la loro poesia.
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