Arnaldo Pomodoro, Sfera con sfera

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Il romagnolo Arnaldo Pomodoro – nasce a Morciano di Romagna nel 1926 – vive l’epopea di una formazione ed evoluzione artistica che lo porta a contatto con studi e avanguardie dell’epoca, mai rinunciando egli stesso a spiegare le proprie concezioni in merito alle opere realizzate, esternando idee ed aspirazioni anelate, rielaborate e costruite.

Colpito e coinvolto dalla perfezione della forma di Constantin Brancusi, grande ricercatore della forma nella purezza, Pomodoro ne comprende l’inadeguatezza ai tempi odierni: troppo bella, impeccabile e misteriosa per trovare spazio nella nostra realtà, quindi tale da dover essere distrutta.

Tranciante, ma seduttivo; apparentemente spietato, ma cosciente.
Lontano dall’idea dell’ineccepibile da sempre dominante, conscio della sua irraggiungibilità, Pomodoro opera una sintesi tra quell’ambizione che già aveva caratterizzato artisti del calibro di Piet Mondrian e la fervida insicurezza di chi, al pari di Jackson Pollock, ne aveva invece assecondato la crisi letteralmente scoperchiando un vaso di Pandora di aggrovigliate ed inaspettate manifestazioni.

Un trait-d’union tra la completezza della forma ed il complesso e sofferente percorso necessario per giungervi, evitando di mostrare l’oggetto esclusivamente per ciò che è, al contrario rompendolo e dissacrandolo in modo da non avere più segreti.

La levigatezza esterna perfetta, spaccata e dimostrata nel disvelare una sorta di immenso, complesso ingranaggio, che si scompone e ricompone al cospetto dell’osservatore, rimodulandone atteggiamento e pensieri.

Ciò che non ci si aspetta, improvvisamente compare, per poi sparire nuovamente nell’ipotetica, riflessa rotazione di un soggetto trasformato e trasformista.

Pomodoro vede e vive il tutto come l’erosione causata dal dramma dell’uomo, incapace di entrare in relazione con gli oggetti senza corromperli – comportamento già riscontrabile nell’infanzia a partire dalla naturale propensione a smontare e rompere i giocattoli – eppure proprio attraverso tale modalità traumatica in grado di affermare una indiscussa grandezza: quella stessa grandiosità che da sempre contraddistingue l’animo umano ponendolo a confronto con limiti desiderosi di essere superati, quand’anche pronti a riaffermare una solida caparbietà atta a ridimensionarne le pretese.

Piero Adorno paragona le crepe nelle sfere di Arnaldo Pomodoro ai tagli di Lucio Fontana, entrambi volti ad accogliere l’esterno verso l’interno, mentre quest’ultimo si origina ex novo verso l’esterno, nel meccanismo di un complesso, colossale ingranaggio che esiste e non può, e non deve, essere ignorato.

Per sua stessa ammissione, l’artista desidera rompere questi elementi perfetti: forme magiche con un’anima viva e misteriosa, il cui effetto finale, in contrasto con la lucidità esteriore, crea un’immagine di veridica incompiutezza, secondo quel potenziale negativo derivante da disincanto e delusione dilaganti…

…Nella mia scultura, la forma del mondo contiene in sé la forma della ‘città ideale’ come concepito dagli artisti del Rinascimento italiano.
Questo, a sua volta, contiene le mie speranze e i miei sogni e quelli di innumerevoli altri cittadini del mondo. – Arnaldo Pomodoro

Per chi volesse approfondire lo studio in questione, invito a leggere l’ottimo articolo La Sfera di Arnaldo Pomodoro. Il significato metafora del mondo, di Maria Mezzatesta per Il Chaos – La bellezza nasce dal disordine

Arnaldo Pomodoro, Sfera con sfera, 1979-1980, bronzo patinato color oro, diametro 2.50 m. – Mostra al Forte di Belvedere, Firenze, 1984 – Collezione privata
Immagine: Piero Adorno, L’Arte italiana

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