Betty Swanwick, Selling England by the pound

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

1973. Genesis. Selling England by the pound.
Più che un album discografico, una dichiarazione icastica legata alla copertina, che ovviamente non ne trascende il contenuto ma contribuisce a quella fiera sferzata in grado di sconvolgere l’allora coinvolto panorama musicale.

Il giornalista e critico musicale Mario Giammetti, nel suo libro Genesis – Gli anni Prog, dedicato a quell’incredibile momento di rock progressivo, attraversato, tra gli altri, anche dal raffinato gruppo inglese, si sofferma su quell’immagine che non è solo la presentazione di un album, ma una vera e propria comunicazione di intenti narrativi, artistici e letterari.

E se, per un momento, riusciamo ad astrarre il progetto grafico da quello musicale, emerge la degna analisi, ripercorsa nel corso degli anni da una miriade di interessati, di un qualcosa di realmente diverso.

Una vera svolta, descritta anche da Leonardo Follieri per Jam TV, nel cui articolo al riguardo si pone l’accento su quel passaggio di testimone fondamentale tra la collaborazione con lo storico realizzatore delle copertine dei Genesis, Paul Whitehead, e l’artista Betty Swanwick, nella puntuale definizione del cantante Peter Gabriel, la Miss Marple del pennello.

Non che Paul Whitehead, il quale aveva già ottenuto un ottimo successo con gli album precedenti, fosse da sottovalutare rispetto al nuovo progetto, ma avendo già, in precedenza, probabilmente giocato carte molto alte, testimoniate dagli eccelsi risultati delle illustrazioni per Trespass e Nursery Crime, con Foxtrot, almeno nell’opinione di Mike Rutherford, storico bassista della formazione, aveva rivelato una sorta di fragilità rivelatrice in grado di far intuire la necessità di un cambiamento.

Le opinioni consapevolmente entusiastiche dei membri del gruppo, al cospetto della copertina di Selling England by the pound, dimostrano fin dall’inizio l’abilità della Swanwick di cogliere nel segno, e sarà lo stesso Phil Collins, in scia a Peter Gabriel – quest’ultimo, in modo diplomaticamente e tipicamente anglosassone, pur specificando la premessa di non voler deludere nessuno, non aveva esitato a riconoscere nell’immagine la migliore tra quelle realizzate fino a quel momento – a confermare la determinazione di un cambiamento.

Se fino a quel momento, nel continuo incentivo di una ricerca volta ad evitare le ordinarie fotografie caratteristiche di ogni album musicale – Gabriel amava definirle segnaletiche, sottolineando la precisa necessità, a tratti ossessione, di avere immagini in grado di parlare – il risultato, pur di indiscutibile livello, era stato vagamente scolastico, con i personaggi di Betty Swanwick si raggiungeva quella dimensione di eleganza davvero fuori dal comune, insolita e fantastica.

Un’immagine che colpisce a livello emozionale, in grado di proporre un condensato di titolo e contenuto, per uno degli album più colti e intellettuali della storia della musica, che non risparmia amare riflessioni sull’ormai inarrestabile cambiamento della cultura inglese, e già in apertura ne rievoca i passati fasti tramite sonorità definite fiabesche.

Una dimensione in seguito corroborata dalle performance spettacolari realizzate sul palco, a colpi di flauto, elmi, travestimenti altisonanti e citazioni mitologiche di onirica ambiguità, tra cui quella riguardo all’indovino Tiresia, in The cinema show, il quale sperimenta entrambe le condizioni, maschile e femminile ma separatamente, dichiarando: ‘Una volta ero un uomo, m’infuriavo come il mare. Una volta ero donna, mi concedevo come la terra.

Ma in effetti c’è più terra che mare…’.
Betty Swanwick propone The dream, questo il titolo dell’opera, e letteralmente folgora Peter Gabriel: in quel racconto visivo c’è tutto quanto stanno immaginando e ricercando, ideale complemento dello slogan intravisto su di un manifesto durante una campagna elettorale laburista, che gli ha immediatamente suggerito la situazione di progressiva svendita dell’Inghilterra agli altri Paesi.

Il sogno di un’Inghilterra diversa e meno controversa – Alessandro Pinton, per Legendary Cover, la descrive perfettamente – generosa di ipocrisia e controsensi, spesso al soldo di Sua Maestà The United States of America.

Tra quell’erba perfetta da rasentare la finzione, e la dicotomica convivenza tra aristocratici e working class, i Genesis leggono in quel quadro la prospettiva visione della società inglese, e il quadro gli appare la trasmissione visiva del brano I know what I like (in your wardrobe), storia del tagliaerba Jacob, il quale sogna solamente di essere lasciato in pace, ad occuparsi del lavoro che ama, senza essere continuamente spronato dalla società a dedicarsi ad altro.

Il dipinto originale, su richiesta del gruppo, verrà leggermente ritoccato, decurtato dei comuni attrezzi da giardiniere per essere adeguato con falciatrice e forcone.
E Betty Swanwick, la donna che Peter Gabriel definirà meravigliosa al pari di Miss Marple o qualunque altro personaggio di Agatha Christie, piena di vita, acuta e maliziosa, rielabora un suo quadro esposto alla Royal Academy per incarnare il desiderio-sogno di un gruppo leggendario…

Betty Swanwick (1915-1989), Selling England by the pound, feat. The Dream, Collezione privata
Immagine: web

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