Buon viaggio Piero

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Per tutte le serate che ho passato in compagnia di Quark e Superquark – e di mio babbo, il quale ogni volta che andava in onda rispolverava una inflessibile impennata di orgogliosa e benevola intransigenza, evitando di toccare il telecomando anche in occasione della pubblicità, che notoriamente non tollerava oltre il terzo fotogramma; memore delle innumerevoli occasioni di ripasso fornite.

Al contrario, da mia nonna, che si rifiutava categoricamente di rinunciare ad un qualunque frammento di Pomeriggio con sentimento, e si snocciolava ore di Sentieri, General Hospital e La Valle dei pini ( le telenovele sudamericane, con le immortali Veronica Castro, Grecia Colmenares e Sonia Braga, quest’ultima presente anche in diverse puntate di Sex and the city, erano riservate ad una sorta di aperitivo pre-serale, generalmente collocato tra le 18 e le 20).

Distinguevo gli spot dei biscotti del Mulino Bianco e dei pennarelli Carioca già dal primo nanosecondo, meditando di propormi per Scommettiamo che…? non appena raggiunta la maggiore età – dal documentario sugli animali del National Geogeraphic, i cui habitat mi ispiravano quasi sempre riflessioni simili alla nota citazione di Art Buchwald.

A proposito di Playboy, confermando come li stessi guardando per vedere posti che non avrei mai visitato di persona, alla Scienza in cucina, del compianto professor Carlo Cannella – in nomen omen – il cui accento romanesco, ma discreto, trovavo divertentissimo, e involontariamente ricollegavo ai saltimbocca alla romana, onnipresenti nel menù alberghiero di una mia cara amica .

Ogni volta che andavo a trovarla sembravano inequivocabilmente attendermi; non è escluso che le mie successive scelte in direzione filo-vegana siano state già all’epoca orientate – e ai carciofi alla giudia del film Un sacco bello, tutti straordinari testimoni di un classico, amabile esotismo.

Ammiravo stupefatta gli esperimenti di Paco Lanciano, da sempre affascinata dalla fisica – a differenza di matematica e geometria che ho imparato ad apprezzare solo col tempo – pur avendone una conoscenza minimale, e da quei soffici capelli bianchi che trovavo piacevolmente rassicuranti – io che continuavo a combattere, perennemente sconfitta, contro la mia chioma ribelle.

Auspicavo pervicacemente una puntata dedicata alle eventuali innovative composizioni di shampoo e balsamo, ed al loro potenziale effetto fisico sulle capigliature ingovernabili, manco si fosse trattato del Beauty Center Show di Barbara Bouchet – e mi perdevo nelle spiegazioni del professor Alessandro Barbero, grazie al quale ho conosciuto un modo differente di affrontare la storia.

Diverso dalla dimensione scolastica in cui era comunque una delle mie materie preferite, legato ad una straordinaria poliedricità divulgativa.
Solo l’analisi del corpo umano mi lasciava perplessa: da figlia di medico, che non perdeva occasione di svenire alla vista del sangue o di un qualunque ago, nonostante lo sguardo minaccioso di mia madre la quale trovava la cosa intollerabile e non mancava di rimproverarmela quasi si trattasse di una mia sciatteria, quella di sentirmi male, cercavo di resistere.

Anzi, una volta mi recai pure in edicola con la spavalda intenzione di accaparrarmi la prima uscita di Esplorando il corpo umano, opera quindicinale composta da ben settantadue uscite, che Mi costruisco da solo il Titanic, iceberg compreso, spostati!, e solo alla vista del gadget di benvenuto – forse un brandello di polmone o un bulbo oculare – diedi quasi di stomaco, e dovetti riprendermi con l’ultimo numero di Cioè.

E a proposito di giornaletti un po’ più leggeri, anche in quel caso mi assisteva Superquark, dato che molti, terminata la galleria fotografica su Duran Duran, Spandau Ballet, A-ha & co., tendevano ad inserire rubriche dedicate ad argomenti pseudo paranormali, tipo avvistamenti di UFO, fantasmi, ecc. .

Allora non si disponeva di Internet e ci si accontentava delle dubbie foto pubblicate; un mattone sospeso della canonica inglese di Borley poteva provocare un indotto di discussione da occupare giorni di ricreazioni scolastiche; l’autostoppista fantasma, no: quello era argomento più serio, che meritava di essere analizzato in apposite serate a tema, specie dopo la visione di film horror abbinato .

Ma grazie al professor Massimo Polidoro, che seguo tuttora con estremo interesse, ero preparata nell’affrontare.
Per tutto questo, grazie Piero. Mi rivolgo a te, come tu desideravi facesse tuo figlio in sede Rai, valutando come il termine papà rischiasse di inficiare quella dimensione di rapporto lavorativo che doveva rimanere, giustamente, distaccata dal resto, anche da un affettuoso legame filiale e ti auguro anch’io buon viaggio, proprio come ha fatto lui, poiché a modo nostro siamo tutti figli di quel modo di ragionare e affrontare situazioni che ci hai insegnato.

E non ti chiederò, adesso che lo sai, di metterti in contatto con noi e dirci cosa c’è dall’altra parte, perché non sarebbe scientificamente dimostrabile e tu non potresti tollerare una tale negligenza.
Buon viaggio, Piero…

Immagine: web

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