Camille Pissarro, Entrée du port du Havre

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Camille Pissarro, il reale elemento costante del gruppo impressionista – l’unico ad appartenervi dall’inizio alla fine di tale straordinaria esperienza comune – dipinge una serie di opere, intorno all’inizio del ventesimo secolo, la cui scelta trova riscontro in una situazione economica piuttosto precaria.

Il pittore ha bisogno di soldi – ha una quotidianità da affrontare ed una famiglia da mantenere – e accetta le richieste dei collezionisti, adattandosi a dipingere su commissione.

Nonostante la visione romantica, comunemente diffusa nell’immaginario collettivo, dell’artista disposto a morire di fame pur di seguire unicamente ideali ed indole, occorre precisare come tale situazione si verificava, in realtà, assai di rado, dato che gli autori, in linea di massima, vivevano prevalentemente del proprio lavoro, che utilizzavano per provvedere ai bisogni ordinari.

È il motivo per cui acconsente alla proposta del collezionista Pieter van de Velde, il quale desidera una serie di vedute del porto di Le Havre nei suoi cambiamenti ed evoluzioni.

Pissarro, il quale prende alloggio nella suddetta cittadina, presso l’Hotel Continental – una sistemazione che gli consente una visione ottimale del soggetto delle opere – sceglie, in particolare, di raffigurarne il molo, sia per l’effetto tipicamente caratterizzante dell’elemento in questione, sia per la percezione che gliene deriva in rapporto al sentire sociale: foriero di un dignitoso orgoglio che gli abitanti continuamente affermano fin quasi ad ostentarlo.

In tutto si tratterà di circa venti dipinti, che rappresentano la parte finale della carriera dell’autore francese, il quale, pur avendo dimostrato di non disdegnare le suggestive incursioni in ambiti delineati da alcuni colleghi innovatori ed anticonformisti – Seurat e Signac non mancano di attrarlo – decide comunque di restare fedele al suo vecchio stile, tornando al proprio tradizionale metodo pittorico, tuttavia dedicandosi a contesti fortemente rinnovati.

Generalmente impegnato in scene tradizionali a carattere prevalentemente rurale, decide di concentrarsi sulla zona della banchina, peraltro, sotto certi aspetti, non così dissimile dalle abituali rappresentazioni delle strade di Dieppe e Rouen.

Adottando un punto di vista elevato, importante anche dal punto di vista pratico – la sua vista, ormai a fine carriera, mostrava non pochi acciacchi e difficoltà – in tal modo astutamente si tutela dalle consuete irritazioni dovute alla polvere.

Pissarro realizza differenti versioni del porto, di cui una, quella riportata, incentrata sul rientro o l’uscita di una barca, difficile stabilirlo – argomento da sempre gettonato, per maestosità, sia pittoricamente che cinematograficamente; basti pensare al felliniano Rex, presente anche nel celebre manifesto del film Amarcord, o alla quasi commovente versione del film Ghostbuster II, in cui il Titanic, ovviamente fantasma, finalmente giunge al porto di New York – con tanto di binari della tramvia, fumaioli delle navi, e poderose strutture esposte anche in primo piano.

Pur probabilmente non convinto di tale specifica attività – Pissarro, come altri idealisti, tendeva a slegarsi dal restrittivo concetto di committenza – si troverà anche a negoziare l’acquisto di diverse opere con il museo locale, e pur non rinunciando a rimarcare l’incidenza della commissione museale, ob torto collo accetta la situazione, riconoscendone ormai l’inevitabile cambiamento…

Camille Pissarro (1830-1903), Entrée du port du Havre et le brise-Iames ouest, soleil, matin, 1903, olio su tela 57.2×64.8 cm., Memphis-Tennessee, The Dixon Gallery and Gardens
Immagine: web

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