C’è voglia di prendersi cura dei beni comuni?

DI PINA COLITTA

Che bella l’espressione “essere cittadini attivi”!
Sì, è bella perché significherebbe vivere in una comunità nell’essere cittadini attivi con uno sguardo di
condivisione totale. Mi riferisco a quella relazione di cura che si
instaura fra i cittadini attivi ed i beni comuni.

Una relazione
fondamentale in una società civile per costruire come dice Annalisa
Marinelli la “società della cura” intendendo che la cura non può avere
solo una dimensione unicamente domestica e privata, ma un ruolo come
nuovo paradigma culturale, su cui fondare appunto una “società della
cura”.

La domanda è: c’è voglia di prendersi cura dei beni comuni?

O meglio esiste in Italia una voglia, forse anche un bisogno, di
riappropriarsi degli spazi pubblici, non per privatizzarli, bensì per
migliorarne la qualità a vantaggio sia proprio, sia di tutti gli altri
abitanti?

La risposta è complessa, ma certamente la strada per migliorare la
qualità dei beni comuni comporta nell’individuo un’organizzazione
quotidiana importante e cioè spostare l’attività di cura, in generale,
dallo stretto ambito familiare ad un’attività collettiva e condivisa.

Collettiva perché svolta insieme con altri, condivisa perché i
“cittadini attivi” non si limitano a collaborare bensì con-dividono
fra di loro e con l’amministrazione risorse e responsabilità per la
cura di beni per definizione condivisi, i beni comuni.

 

“Noi siamo nati per unirci con i nostri simili, e per stare in
comunità con la razza umana.”

Cicerone

 

 

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