Chiudere tutte le scuole in tutta Italia!

DI SALVATORE SALERNO

Si sta scherzando con il fuoco. E’ il momento di chiudere tutte le scuole d’Italia se vogliamo che riaprano presto, passata la pandemia, se vogliamo che quel contributo infausto che le scuole aperte stanno dando, con percentuali elevate alla diffusione del contagio, venga fermato.

Si sta parlando di una percentuale stimata dai virologi e epidemiologi più prudenti intorno al 15% ma in alcune città metropolitane e in alcune Regioni quel contributo è molto di più, molto di più se si parla di zone rosse o arancione, di focolai locali anche in piccole città, paesi, quartieri, scuola per scuola, plesso per plesso e classe per classe.

E’ ipocrita o interessato chi sostiene che la scuola è “sicura”, non esistono isole felici in qualunque contesto di assembramento e chi vive la scuola pubblica italiana sa che, malgrado tutte le precauzioni e i protocolli, ci si trova di fronte a classi o sezioni affollate rispetto agli spazi disponibili, che sono insufficienti insegnanti e personale ata, che non sarà possibile sanare e aerare con regolarità gli ambienti, che non c’è alcun controllo e misurazione di temperatura su alunni, studenti e docenti in ingresso e in uscita, che non c’è medico scolastico e medicina territoriale efficiente, che è saltato il tracciamento dei contatti e che il sistema non riesce a occuparsene.

E’ ipocrita o interessato chi sostiene dei trasporti “sicuri” presentando studi sull’affollamento medio dei mezzi pubblici di una giornata o di un mese, trascurando o mentendo su quello ben più alto delle ore di punte che nelle città metropolitane è sotto gli occhi di tutti.

E’ ipocrita o interessato chi non vede la realtà fattuale di decine di migliaia di contagi accertati nelle scuole e la loro moltiplicazione nelle rispettive famiglie, genitori, nonni. E’ ipocrita o interessato chi ha scoperto solo nel 2020 l’importanza dell’educazione e della formazione dei ragazzi adducendo ragioni improbabili come quella che sarebbe irreversibile il loro recupero negli studi se si chiude solo per qualche settimana, che ci ritroveremo fra dieci o venti anni ignoranti e chissà quale disastro futuristico mentre si ignora il presente. Ed è questo presente invece, su base utilitaristica e contingente, che troviamo invece nelle dichiarazioni di almeno due Ministre, quella dell’Istruzione e quella delle infrastrutture e trasporti, nelle dichiarazioni tracotanti di personaggi della Confindustria che vogliono le scuole aperte e i loro genitori al lavoro, che non vogliono il “ristoro”, secondo loro improduttivo, di famiglie e genitori che avranno bisogno di aiuto sulle disponibilità di device e connessione, di baby sitter in alcuni casi, di congedi parentali o smart working per il periodo di didattica a distanza.

Guarda caso, il bisogno è più alto nella fascia 3-14 anni, quella che si vuole in presenza dato che con fatica e in ritardo siamo riusciti a chiudere le scuole superiori. Quella Dad che nessuno vuole a parole (ma chissà cosa ci riserverà il futuro), che non vogliono sicuramente i docenti, che sanno bene che li impegna di più e che produce meno.

Nel disegno di alcuni poteri, proprietari di stampa e tv, la scuola pubblica è stata sempre un fastidio, sia chiusa che aperta, serve al sistema che si spenda poco, che sia funzionale soltanto all’economia, alle competenze facendo anche a meno delle conoscenze, che abitui allo sfruttamento, che sia anche digitale ma orientata a diminuire anche i suoi costi, la scuola azienda. Quando poi ci sono soldi e tanti da spendere (le risorse europee) guai a pensare che una fetta grande della torta spetti alla sanità pubblica o alla scuola pubblica a meno che non siano entrambe più privatizzate possibile. No, la fetta più grossa spetta a loro, ricchi sempre più ricchi, alle grandi imprese incapaci peraltro in Italia di investimenti e di creare lavoro, agli evasori fiscali. Inutile dunque prendersela con Azzolina o con i renziani fuori e dentro il Pd, fanno comunque interessi di parte. Se lo possono permettere nell’oscuro mondo che sta dietro una parte del M5S, in un Pd derenzizzato che deve ancora trovare la sua strada, in una sinistra e sindacato debole, per la stessa classe docente ormai in gran parte rassegnata che non riesce a difendere quel poco che è rimasto di una scuola come comunità educante, democratica, che usa gli organi collegiali per partecipare e votare contro loro stessi e i loro allievi, dirigenti scolastici chiamati a comandare nel quadro di un’autonomia distorta che alla fine esegue le note o gli indirizzi del Ministro di turno e di qualche capo burocrate onnipotente.

In questo quadro chi e come si possono garantire le scuole come “sicure”?

Non c’è variazione nella curva dei contagi, malgrado un solo giorno di ottimismo, il giorno di San Martino. Non c’è soprattutto in alcune regioni del Sud che l’hanno fatta quasi franca nella prima ondata rispetto a quelle del nord e che pure partivano o si supponeva che partissero da una condizione di privilegio nella sanità, nei trasporti, nel loro contesto economico. Ritorna invece evidente che l’Italia si salva se si salva tutta, al nord come al Sud. Ma al sud si sta rivelando solo con questa seconda ondata quello che sapevamo sul deficit strutturale della sanità e della scuola, si sta rivelando e diventando drammatica la diffusione del contagio in tutte le regioni del Sud.

Non chiudono a caso tutte le scuole di Napoli, Palermo, se si è tentato a Bari e in altri capoluoghi e Regioni. Se dovessimo andare dietro a stampa e tv c’è da seguire a giorni alterni per farsi un’idea di insieme, si parla di Campania se si preferisce disquisire su De Luca o De Magistris, si parla di Calabria se si punta al commissariamento di questo o di quello, di Puglia se dà fastidio Emiliano o Lo Palco, di Sicilia se cominciano a intravedersi il dramma su cinque milioni di abitanti senza ospedali e medicina territoriale, ultima nella somministrazione di tamponi e lentissima per dare l’esito, se si vuole parlare di Musumeci, di Lampedusa o dell’immigrazione, si parla di Sardegna per le discoteche estive e via di seguito.

Nei titoli comunque c’è sempre Milano, il Piemonte o Emilia Romagna e talvolta niente altro se non la Campania con un Presidente capace di attirare sapientemente l’attenzione su di sé. Non c’è un quadro unitario nella realtà italiana, non c’è volutamente un quadro unitario nella comunicazione o nell’informazione.

Per ritornare e restare nel pianeta scuola quel quadro unitario invece può esserci, doveva esserci sin dall’inizio se non fosse stato per la presunzione del Ministero e di qualche interessato di cui abbiamo accennato di fare come la Germania o la Francia, l’Inghilterra o addirittura la Svezia dove stanno decimando gli anziani rifiutando ogni sorta di lockdown. Se poi si vede che anche in Germania e Francia le scuole riaprono e chiudono malgrado le loro condizioni di spazi, servizi e tutto quello che ci sta intorno, condizioni molto diverse dalle nostre.

Se il governo, le conferenze Stato-Regioni, un Ministero come quello dell’Istruzione che non ha competenze sanitarie non vogliono chiudere si chieda a gran voce ai Sindaci di farlo, nel nostro ordinamento rappresentano la massima autorità sanitaria della loro comunità. Un ritardo nella decisione di un giorno è un giorno in più di diffusione del virus, di nuovi contagiati e morti, nessuno può permettersi ancora di fare scelte o propaganda di natura politica su questo, è barbaria.

 

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