Cos’è la coscienza?

DI PINA COLITTA

La coscienza, cosa sarà mai? Di lei se ne è sentito parlare sin
dall’antichità e ha affascinato, attraendo l’uomo da sempre per la sua
complessità nel corso della sua esistenza…

Come potrebbe non esserlo
se è testimonianza dell’evoluzione e, nelle sue varie declinazioni,
dei cambiamenti d’epoca e delle aree d’influenza. Se un tempo la
mente, considerata l’antica anima delle religioni e della filosofia,
sin dagli antichi Greci, era ritenuta scissa dal cervello, oggi invece
ne è un’unità inscindibile.

E cosa aveva detto Aristotele se non
questo quando nel concetto di sinolo, vedeva l’unione di materia e
forma? Lui, si, che aveva capito bene la questione “coscienza”!

La mente di fatto è complessa ed costituita da un insieme di funzioni
derivanti dall’encefalo. Eppure tutte le parti da cui è costituito,
prese singolarmente non bastano a definire l’uomo. Infatti esistono,
di fatto, un’immensità di variabili capaci di determinare l’individuo
proprio in funzione di quella che si chiama “coscienza” .

In pratica
la coscienza, secondo accreditati studiosi, è la relazione con il
mondo e gli uomini… E non potrebbe essere diversamente se essa è
mutevole e materiale, ma mai eterna e peraltro oggetto d’interesse
della scienza; se ne occupò lo stesso Darwin, quando proprio nella sua
teoria fa riferimento all’adattamento.

Allora la coscienza è proprio
nell’acquisizione della consapevolezza del passato e del presente,
spingendo l’uomo ad adeguare il suo comportamento a seconda delle
circostanze.

Tutta questa premessa per dire semplicemente che la religione, poi la
filosofia e solo infine la scienza per prime a tentare di rispondere
alla fatidica domanda:

Cos’è la coscienza?

Ogni spiegazione a riguardo ruota intorno alla figura dell’uomo, che
dalla sua nascita fino al tardo Medioevo, nel cristianesimo
soprattutto, viene considerato, in quanto generato da Dio, a sua
immagine e somiglianza. A tal proposito persino Dante descrive il
cervello come un cristallo che riceve la luce dall’alto; se il
cristallo è fatto bene, la luce potrebbe rinfrangersi in tutti i suoi
colori, altrimenti ne tralascerebbe qualcuno.

Platone invece dirà di
un corpo prigione dell’anima, il suo cavallo di battaglia, proprio nel
periodo più buio della storia dell’uomo, il Medio Evo. Cartesio invece
riporta in vita la versione dualistica tra res cogitans e res extensa,
ovvero tra realtà fisica e intellettiva, capaci di congiungersi solo
nell’epifisi.

Ma solo nell’Ottocento, con Hegel, la coscienza diviene
qualcosa di generato dall’uomo in rapporto con l’altro, una
spiegazione più verosimilmente vicina ad una concezione moderna
seppure, nel contempo Kant insinua, con il suo “io penso”, che la
coscienza è solo del soggetto in quanto pensante.

Insomma, come avete
avuto la pazienza di leggere tante teorie di estrazione filosofica su
questa benedetta “coscienza” che verranno superate dalla scienza
quando, abbattendo le verità assolute, vede proprio nella coscienza
qualcosa di modificabile. Ma sia la teoria di Darwin sull’evoluzione,
sia la teoria dell’inconscio di Freud, sia la teoria della relatività
di Einstein, per quanto possano essere state eclatanti e superlative,
non sono totalmente chiare e specifiche.

Mi sembra essere un valido
motivo per credere che, ancora oggi, non esiste una valida teoria
scientifica se, rispettabilissimi studiosi si muoviamo tra il
teorizzare una coscienza che si attiva per effetto di una stimolazione
in un determinato locus del cervello sul quale essa risiede, e quella,
invece, che viene generata dall’interazione delle particelle
subatomiche e, quindi, presente nell’universo già a partire dal Big
Bang.

Alla luce di quanto ho tentato di comunicare per oggi, sulla
coscienza non posso che avere una certezza, con una domanda retorica:
scientificamente esiste una valida teoria sulla coscienza?

E concludo infatti, in linea con la teoria di Vittorino Andreoli…

“La coscienza è la consapevolezza di esserci, qui ed ora”

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