È ora di affrontare la questione lavoro con cognizione di causa analizzando i vari aspetti. Attivare i meccanismi di selezione dell’incontro domanda offerta di lavoro e affrontare i problemi di sempre.
Tutto bloccato, settori di lavoro fermi e imballati dalla determinante covid e tempo incerto di ripresa completa.
Le persone sono disperate, ferme.
Manca l’alternativa per adattarsi alla nuova situazione.
Ci sono difficoltà diverse, generali e personali, dovute a distanze e opportunità.
Sono bloccati i concorsi pubblici, manca il personale presso i Centri per l’impiego e rallentano le procedure selettive.
L’indice di rischio è alto e preoccupante, troppe disattenzioni, troppi vuoti.
Quali ristori per queste persone? Sono arrivati? Chi sono i reali beneficiari? Sono sufficienti? È vero che stiamo tutti sulla stessa barca, ma fino a che punto si può reggere questa situazione?
C’è chi lavora e chi no. C’è chi è disoccupato e si arrangia, c’è chi non aveva niente e continua a non avere niente. Si è penalizzati comunque.
Ci sono storture vecchie aggiunte alle nuove, si vive nell’incertezza, si vive male.
Avanti tutta con le politiche di contrasto alla povertà e alla disperazione per la perdita di certezze, di lavoro e di futuro.
È un momento particolare in cui è facile incappare in crisi esistenziali e rendere la situazione ancora più delicata e controproducente.
A maglie larghe la società perde connotati e riferimenti, disorientati si commettono reati e le conseguenze saranno devastanti sul piano personale e sociale se non si fa di più e meglio.
Figure specifiche sono costrette a ripiegare su altre mansioni, pur di portare qualcosa a casa.
I poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più in cima.
La politica litiga e perde di vista gli obiettivi creando più confusione che altro.
Il risultato è che si rischia l’isolamento, cali l’autostima e si alteri la soglia di percezione del benessere generale e si contribuisca ad aumentare disagi e conflitti familiari pericolosi e incontrollabili.
Nelle forme più disperate si arriva a vendere un rene per sopravvivere.
L’appello è invece a trovare un lavoro a queste persone, perché senza salute non ci può essere futuro.
Maria Ronca, sociologa
L’invalidità a vita resta e non abbiamo risolto un bel niente.
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