Daniele Cellamare, Gli artigli della Corona

DI MARIO MESSINA

In un mondo economicamente globalizzato la Cina non solo non risulta più una entità misteriosa ma rappresenta, in assoluto, uno dei protagonisti mondiali dell’attuale sistema di relazioni commerciali.

In un’ ottica predatoria, come sempre, l’Occidente ha così, sin dall’ Ottocento, avvertito la necessità di accedere a questa nuovo ed immenso bacino di risorse umane e materiali.
Oppio, the, manodopera servile e quant’altro questo sconfinato territorio potesse offrire.

Merito principale di un romanzo storico dovrebbe, così, essere quello di rendere accessibile ed interessante un tema altrimenti libresco ed accademico.

L’opera “Gli artigli della Corona” riesce per tanti versi in questa impresa con una narrazione della seconda guerra dell’oppio nella Cina di metà Ottocento costruita su più livelli.

L’impero di Mezzo -nella sua dimensione feudale- viene, così, analizzato adottando più prospettive: quella imperiale con le sue ciniche regole di palazzo e di successione;
quella popolare e più umile che costituisce carne da macello ad ogni situazione di tensione che si presenti; quella imperialistica occidentale con le sue mire espansionistiche e “civilizzatrici”.

Sotto quest’ultimo profilo l’autore affida ad una citazione di Victor Hugo (pag.198) il compito di far saltare le contraddizioni di un impietoso Occidente.

Una “union sacrée”, dall’Inghilterra alla Russia zarista, pronta a compiere tanto efferati massacri quanto a qualificare in maniera incoerente come incivili e barbare le culture “altre” non facilmente addomesticabili.

Nel suo svolgimento il libro si colora di interessanti note storico-antropologiche in materia, per esempio, di coltivazione ed essiccazione del the (pagg. 63-64) o di lutto in caso di morte dell’imperatore (pag.224).

Avvalendosi di una polifonia di voci il libro segue, infatti, vari filoni che vengono, perlopiù, sviluppati compiutamente.

Il più interessante è sicuramente quello della spregiudicata Cixi.
Una novella Agrippina in grado di diventare, grazie alla sua cinica e spietata astuzia, Imperatrice Madre dopo essere stata una semplice concubina dell’imperatore.

Avrei preferito che fosse stata tratteggiata in maniera differente, invece, la vicenda del personaggio di Robert Fortune, botanico londinese incaricato di carpire in Cina tutti i segreti in materia di coltivazione del the.

Della sua esperienza si sarebbe auspicato, a mio modesto parere, uno sviluppo ulteriore così da conoscere non solo il raggiungimento dell’obiettivo ma anche l’impatto della sua missione al momento del ritorno in patria.
Molto utile, infine, l’elenco dei personaggi a fine racconto.

Qualche nota cronologica e bibliografica avrebbe potuto rendere ancora più completa l’operazione.
Consigliato.

Immagine tratta dal web

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità