Di più insieme a me

DI GIOVANNI BOGANI

Fa una certa impressione vedere che è stata nella tua città, senza farti un saluto e senza fartelo sapere, la persona cui hai dedicato tre anni della tua vita. Te ne accorgi perché ha postato la foto con un tuo amico: una persona che tu conosci da trent’anni, e che lei ha conosciuto un giorno d’estate, in un pranzo, mentre era con te.

Curioso, perché questa persona non mette mai nessuna foto. Dopo mesi e mesi, le prime foto che mette sono quelle della mia città. I marmi bianchi e verdi, inconfondibili, di Santa Maria Novella.

Mi vengono in mente, adesso, tutte le foto scattate insieme in questa città. Tutte le volte che, sfidando le restrizioni della pandemia, sono andato nel posto della Lombardia dove vive, inventandomi ogni volta un motivo di lavoro molto vago ed evanescente.

Mi vengono in mente i luoghi visitati con lei. E quella volta che, per la vacanza del mio compleanno, dei miei anni “tondi”, dovevamo andare a Napoli. Ma lei, quel mattino, uscì prima da casa mia, e prese il treno, sì, ma nella direzione opposta. Lasciandomi alla stazione, col treno per Napoli che stava per partire, i due posti prenotati vuoti, io che non sapevo se salire o no.

È sempre stata così. Molto abile a sorprendere. A eludere la marcatura.

Mi vengono in mente tutte le volte, a Firenze, in cui ho cercato di farle amare questa città e la sua arte. I musei, le mostre. E tutte le canzoni che le ho cantato, con tutta la bravura che mi riusciva di mettere insieme. Canzoni dei cantautori che amo. Da Guccini a Dalla, da De Gregori a Nick Drake, da Fossati a Vasco Brondi. E lei che mi ha risposto “non mi piacciono, voglio sentire ‘Gelato al cioccolato’”.

Mi vengono in mente tutti i miei libri, di cui non ha letto una sola riga.

Devo ringraziarla. Perché mi ha insegnato che niente di quello che faccio è così importante come, a volte, credo.

E penso a tutte le volte che non ha risposto al telefono. Mi ha insegnato a parlare di più con me stesso, a non pretendere il tempo e l’attenzione della persona che si ama. Mi ha permesso di stare di più insieme a me. E ho scoperto che non sono, poi, questo orso insopportabile.

Immagine tratta dal web

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