Felice Casorati, Beethoven 1928

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Felice Casorati, unico figlio maschio di un nucleo familiare dominato da preponderante dedizione a studi scientifici, mostra, fin da ragazzo, una spiccata predisposizione per la musica.

Una passione che sarà costretto, in seguito, ad abbandonare, a causa delle conseguenze di un forte esaurimento nervoso.

Il periodo convalescente, di forzosa inattività, lo porta tuttavia ad avvicinarsi alla pittura, non mancando di incidere sulle raffigurazioni, cui contribuirà non poco il suicidio del padre.
Nature morte, nonché contesti statici e silenziosi, diventano l’elemento dominante dei suoi dipinti.

Casorati indugia sulla realizzazione di figure compatte, adatte alle atmosfere che riesce a costruire, foriere di malinconia e silenzio.

Indubbiamente mostra uno stile decisamente anticonformista, soprattutto tenendo conto che non rinuncia ad interessarsi all’arte contemporanea, recependo e le innovazioni.

L’apparente semplicità del disegno, come nel caso dell’opera riportata, o di altri dipinti più conosciuti e celebri, non deve trarre in inganno; non si prescinde mai da una meticolosa e lunga preparazione, incentrata sul rigoroso studio di modelli classici.

In particolare il nudo, nella pittura di Casorati, rappresenta un elemento ricorrente: affrontato, descritto e rielaborato in forme diverse a seconda del periodo in cui lo raffigura, ne accompagna l’intero percorso artistico.

Si passa da forme di primitivismo ad altre rievocanti il grafismo di Klimt, e l’evoluzione risulta talmente particolare che i suoi nudi sono stati protagonisti, nel 2019, di una mostra presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma, intitolata: Donne. Corpo e Immagine tra simbolo e rivoluzione.

Una esposizione incentrata sull’ambivalenza femminile, spesso volutamente in bilico tra spiritualità e desiderio carnale.
In ossequio alla personalità dell’autore, ed all’intento di fissare sulla tela, come da lui stesso dichiarato, le anime estatiche e ferme e le forme immobili e mute, egli ritrae figure colte in una nudità indifesa: sole – nessun uomo è presente – oppure in compagnia di altre a sé stanti, ognuna volta a rappresentare una sorta di microcosmo non necessariamente in comunicazione con gli altri elemento del dipinto.

È il motivo per cui viene definito sensuale ed armonioso al contempo; in grado di delineare il silenzio proponendo un’atmosfera rarefatta piuttosto che immobile.
A proposito della mostra in questione, segnalo il bell’articolo di Fausto Politino per Artesplorando.

Nel dipinto riportato, musicalmente connotato, la cui denominazione, Beethoven, è estremamente declaratoria, la semplice figura della bambina, ordinata sia nell’abbigliamento che nella pettinatura, è ben lungi dal figurare razionale o ordinaria.

Casorati conferisce alla scena una dimensione misteriosamente ignota, tipica di quei contesti, spesso utilizzati in pellicole cinematografiche a carattere horror, in cui tutto è apparentemente prevedibile eppure si insinua un’ansia latente, accentuata sia dalla strana luminosità che dal grande specchio alle spalle della protagonista, quest’ultimo dettaglio di forte sensibilità, rappresentando da sempre bellezza e vanità, ma anche inganno e possibili situazioni inconsuete.

Lo specchio pirandelliano, poi ripreso da Michael Jackson, che induce a riflessione e cambiamento, ma senza dimenticare Alice nel Paese delle Meraviglie o il dramma di Narciso.

Interessante, il riferimento dichiarato a Beethoven, probabile retaggio culturale del passato musicale dell’autore, ricollegabile ad una passione, purtroppo, precocemente abbandonata ed evidentemente mai sopita…

I miei candidissimi detrattori amano, nei miei riguardi, parlare di freddezza di cerebralità di astrattezza o che so io: termini tutti che nella loro imprecisione suonano, all’incirca, sinonimi; che equivalgono al dire che la mia pittura è staccata dalla vita. – Felice Casorati

Felice Casorati (1883-1963), Beethoven, 1928, olio su tavola, MART, Collezione VAF-Stiftung
Immagine: web

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