George Bellows, New York

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Una ricerca difficoltosa ma proficua, quella dell’artista americano George Bellows – pittore e illustratore, allievo di Robert Henri, quest’ultimo strenuo osteggiatore dell’accademismo, nonché tra i maestri di Edward Hopper – il quale certamente avrà una forte influenza sul talentuoso studente, trasmettendogli l’ambizione a ricercare uno stile innovativo in linea con determinate linee guida che si riveleranno determinanti nella sua carriera.

Una sorta di connubio tra il realismo europeo e la netta necessità di rendere una repentina quotidianità, assurgendo ad una particolarissima dimensione degna di un fotografo pittorico.

I suoi dipinti appaiono come veloci istantanee i grado di catturare una cromatica e caleidoscopica creatività, pervasi da un dinamismo serpeggiante e dilagante che trascina l’osservatore in una realtà ai limiti del caos.

Dotato di indiscusso talento nell’elaborazione della luminosità, Bellows incentra le proprie ricerche e scoperte intorno ad una serie di studi urbani che finiranno per rappresentare il suo sintetico marchio di fabbrica.

Non gli interessa tanto l’essenzialità, che evidentemente disdegna attraverso miriadi di colori e forme utilizzati per comporre contesti di caotica percezione, al contrario incentra e dirige il proprio impeto realizzativo verso una caparbia modernità senza compromessi.

Ironico, ai limiti del sarcasmo, non gli verranno risparmiate critiche, perlopiù volte a sottolineare la rude presenza di un manipolo di individui non esattamente identificabili per sobrietà e raffinatezza.

Uomini che, lungi dal mostrare cafonaggine o maleducazione, si ritrovano imprigionati in un ambiente aspro e ostile che ne condiziona gli atteggiamenti: i personaggi di Bellows, raffrontando la città in cui vivono alla climatica natura circostante, scelgono e preferiscono la prima.

Il loro interesse non è elevare una natura pressoché inesistente, al massimo visibile negli sparuti scorci di cieli tendenzialmente plumbei e oscuri, a fine raggiungibile ed elevato, ma per converso trascinare detto paesaggio ad un livello consono a ciò che gli è più familiare, e che identificano nei grigi, mastodontici edifici, parte irrinunciabile di una angosciosa, angustiante realtà, che tuttavia risulta l’unica possibile.

Potente ed espressiva, New York, tela completata nel 1911, palesa il fermento vitale di un tempo difficile da cogliere e impossibile da fermare, attanagliato da orde di abitanti poveri alla continua ricerca di una esistenza decente, ed il continuo, frenetico movimento di una metropoli sospesa tra auto, carrozze e navi, il cui continuo viavai ne mostra l’immagine senza ritocchi, mai edulcorata.

Bellows, da sempre interessato ad aspetti scomodi della quotidianità quand’anche sordidi ed immorali, raggiungerà vette di notevole celebrità soprattutto grazie ad alcune scene raffiguranti incontri di boxe, scioccanti nella cruda esposizione di una veemente tangibilità, concreta espressione di un coraggioso sentimento che non si intende nascondere.

Non a caso, nell’ambito di una nutrita produzione artistica, troveranno posto anche temi di violenta denuncia sociale.
Un’atmosfera alla Metropolis, per un delirio che non si sa se ci sia effettivamente, ma ci potrebbe ragionevolmente essere…

George Bellows (1882-1925), New York, 1911, olio su tela, 106.7×152.4, Washington -National Gallery of Art
Immagine: web

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