Grant Wood, American Gothic

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Un quadro molto importante, Gotico americano, di Grant Wood, la cui rilevanza paradossalmente si avvicina a quella de Las Meninas, di Velázquez.

Un paragone che può apparire audace, eppure entrambi sono caratterizzati da una particolarità non indifferenti: non ne conosciamo l’interpretazione autentica, poiché nessuno dei due autori l’ha fornita; al massimo beneficiamo di qualche sporadica informazione, indubbiamente utile ma lungi dall’essere esaustiva, tanto che l’opera continua ad essere avvolta da un alone di notevole enigmaticità.

Una struttura del tutto casuale: una casa coloniale sita nella parte meridionale dell’Iowa, stato di provenienza di Wood, da cui l’artista rimane sinceramente colpito e si ritrova letteralmente ad immaginare, ipotizzare chi possa vivere in una dimora del genere.

Immaginare, nient’altro, tanto che gli stessi protagonisti sono in realtà la sorella e il dentista dell’artista, i quali peraltro mai posano insieme per il dipinto, ma si fanno ritrarre separatamente, e ciò causerà, almeno secondo la narrazione imperante, non poche polemiche: la donna protesterà per l’eccessiva differenza di età percepibile all’evidenza, indispettita per la vicinanza di un presunto coniuge tanto attempato; in seguito qualcuno affermerà trattarsi non si una coppia, ma di padre e figlia, forse per edulcorarne il significato.

Inoltre, e non si tratta di un dettaglio trascurabile, mentre l’uomo indossa i consueti abiti di un farmer del Midwest, financo dotato di forcone d’ordinanza, la donna sfoggia un vestito molto più antico dell’epoca in questione, atto ad evidenziare la severità di una tradizione che non rinuncia a presentarsi con discreta minaccia.

La scorrevole dicotomia di una interpretazione dubbia è contestabile, divisa tra chi vi vede la semplice, concreta realtà quotidiana delle piccole città americane, e chi invece vi ravvisa una subdola ironia intorno ai valori del Midwest americano.

Un’accusa, quest’ultima, sempre rispedita al mittente da parte dell’autore, nelle proprie dichiarazioni, orgogliosamente desideroso di omaggiare la dignità puritana.

Effettivo emblema della tradizione locale dell’Iowa, terra dei Sioux, un tempo sotto il dominio francese, rievoca una cultura universalmente riconosciuta anche grazie ad alcuni esponenti di particolare rilievo, come l’attore John Wayne, il quale, proprio nel 1930, in coincidenza con la realizzazione del quadro, è protagonista del primo film che, pur rappresentando un clamoroso insuccesso, ne consacra la fama a livello mondiale: quel Big Trial – Il grande sentiero – che ripercorre la storia dei pionieri e ripropone la conseguente atmosfera caratteristica della frontiera.

E questi personaggi appaiono legati sia a tale rammentato spirito, che all’immagine dei tipici presbiteriani, anch’essi fortemente presenti in alcuni elementi, con la casa che ricorda strutturalmente una chiesa presbiteriana, e lo stesso John Wayne, di famiglia presbiteriana.

Una cultura che intride il Midwest ed il suo microcosmo, desideroso, anche grazie agli importanti riconoscimenti culturali di cui si ritrova alfiere, come il premio Nobel per la letteratura dell’autoctono Stanislav Lewis, di affermarsi autonomamente senza più la consueta sudditanza nei confronti del Vecchio Mondo e della cultura europea.

E qui si recepisce la durezza, vagamente minacciosa, dei protagonisti di un dipinto atto ad affermare il dignitoso giudizio di un nuovo Rinascimento per certi versi simili a quello della Firenze del Quattrocento in cui le forme più differenti di manifestazione si estrinsecano ed affermano.

La straordinaria comunicatività di American Gothic non sarebbe mai potuta sfuggire all’editoria, motivo per cui Mondadori, nella nota collana Classici moderni, lo sceglie come copertina di Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters, autentico spaccato di autografa americanità, e nemmeno alla cinematografia, celebrato anche nell’iconico Rocky Horror Picture Show…

Grant Wood (1892-1942), American Gothic, 1930, olio su tavola, 74.5×62.5 cm., Art Institute of Chicago – Chicago
Immagine: web

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