“Ho fallito negli studi” e si toglie la vita. Inconcepibile a 19 anni

di Michele Piras

“Ho fallito negli studi” e si toglie la vita.

Eppure a diciannove anni non si dovrebbe poter morire, dovrebbe essere vietato da una qualche legge della natura, da qualche ordine divino.

A diciannove anni è la vita, la scoperta, la gioia, la lotta, la passione, l’amore.

A diciannove anni si dovrebbe con tutto il diritto sentirsi invincibili, immortali.

Seppellire le difficoltà con una risata, sfidare il mondo con i pugni e lo sguardo.

No, il suicidio non è concepibile a diciannove anni.

E di certo non è concepibile la morte per aver “fallito” negli studi.

E quando evitiamo, ipocritamente e come la peste, di affrontare fino in fondo la radice del problema, quando non indaghiamo i modelli che trasmettiamo in famiglia e nella società, quando il successo diventa più importante dell’esistenza, il risultato più importante della vita, non facciamo altro che preparare il terreno per il prossimo lutto.

Riposa in pace, anima fragile.

E perdona tutti noi, cara ragazza, che troppo spesso non sappiamo cosa facciamo.

“Perché a vent’anni è tutto ancora intero
Perché a vent’anni è tutto chi lo sa
A vent’anni si è stupidi davvero
Quante balle si ha in testa a quell’eta’”.

(Eskimo, Francesco Guccini)

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