Il covid non è una partita di calcio

DI GIOVANNI BOGANI

L’informazione sembra sottolineare che “nel mondo stanno peggio”: si parla della Francia, della Germania, della Repubblica Ceca, del Belgio, della Spagna, come se lì fossero “davvero” nei guai, e noi no. Come se noi fossimo INDIETRO col contagio.

Ma allora non li abbiamo guardati i dati.

Come numero di nuovi casi, a ieri, siamo al SESTO posto nel MONDO.

Dietro la Francia, sì; ma avanti a Spagna, Germania, Belgio e Olanda.

Sesti nel mondo per numero di nuovi casi: che significano, in prospettiva, fra non molti giorni, un numero proporzionale di casi gravi e anche di casi mortali.

E bruciamo i cassonetti, spacchiamo le vetrine, tiriamo pietre, gridiamo al gomblotto, alla privazione delle libertà?

Sono andato a guardare le statistiche dei casi ormai archiviati.
97 per cento guariti, 3 per cento morti.
TRE PER CENTO.

E’ vero, nei mesi precedenti la mortalità era più alta,
ora si sta abbassando.

Mettiamo anche che diventi dell’1 per cento: 22mila nuovi casi oggi vuol dire che, di questi 22mila, fra venti giorni ci sono almeno 200 che non sono più di questo mondo.

Fate voi.

A me personalmente – lo dico da appassionato di calcio – fa anche paura questo continuare a giocare a calcio, perché the show must go on, come se niente fosse, e il covid solo una rottura di palle per i giocatori: “deve saltare una partita”. “forse fa in tempo per il derby”.

Mostrare che i calciatori si ammalano e tornano a giocare al volo, tempo 3-4 giorni, contribuisce a far pensare che PER TUTTI possa essere una passeggiata; che tutti faremo come Ibrahimovic, qualche giorno a casa e poi via, due goal a partita.

Io temo che non sia così; non per chi non ha il fisico di Ibra, ma soprattutto non ha l’assistenza farmaceutica e sanitaria di una star del calcio. E il messaggio che esce da tutti questi positivi ributtati nella mischia appena possibile è: il covid è DAVVERO un’influenza, guarda dopo una settimana come giocano.

Non vorrei che anche questo messaggio un giorno lo si dovesse pagare noi; o i calciatori, come quelli trattati con le “bombe” negli anni ’70 che poi hanno sviluppato malattie misteriose.

Comunque non era questo che mi premeva dire. E’ che non siamo in una situazione MEDIA di contagio, con Francia e Germania “loro sì che stanno nella merda”; no, il “noi siamo stati bravi e l’abbiamo debellato” non possiamo dirlo, e forse non potevamo dirlo neanche prima.

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