Finale
Più non muggisce, non sussurra il mare,
il mare.
Senza i sogni, incolore campo è il mare,
il mare.
Fa pietà anche il mare,
il mare.
Muovono nuvole irriflesse il mare,
il mare.
A fiumi tristi cedè il letto il mare,
il mare.
Morto è anche lui, vedi, il mare,
il mare.
(Giuseppe Ungaretti, La terra promessa)
Le poesie, prima di leggerle, è utile guardarle. “Finale” è di sei strofe di soli due versi (distici) ciascuna, e la cosa che a prima vista si nota è il ripetersi de: “…il mare, / il mare.”.
Poi ci si accorge che ci sono tante pause suggerite dalle virgole, dai punti alla fine dei versi, dallo spazio bianco tra una strofa e l’altra. Richiede, quindi, una lettura lenta. Cadenzata. Scandita dal ripetersi de il mare che sconsolatamente cade di verso in verso, di strofa in strofa.
In “Finale” colpisce non tanto la tristezza (il mondo è pieno di poeti e poesie tristi) quanto la fisicità e consistenza delle parole che vanno a stimolare i sensi e il sentimento. Leggendo sembra di sentirlo il rumore fioco del mare, di vedere la sua onda stanca, la bavetta che sciacquetta desolata la riva di una spiaggia grigia graffiandoti il corpo e l’animo ogni volta che lo fa.
L’odore è cattivo. Tutto è gelido. Non c’è colore. Non c’è vita. Oltre il mare: nulla.
Foto tratta dal web
- Tempeste di vita - 28 Aprile 2024
- Il poeta - 28 Aprile 2024
- Tra i pensieri di oggi e i ricordi di ieri - 27 Aprile 2024