Quando i silenzi urlano parole
e nei giardini si perdono le viole,
anche nell’aria tremano le mancanze
piovono come cenere sulle distanze
Nel verbo s’inchinano gli occhi a pregare,
fra le onde ruggisce come leone il mare,
d’inverno a cantare le sue nenie
agli scogli si scatenano mànie
Quanta rabbia vien dal fondo, come fosse accanito il mare,
ancora una fanciulla resta ferma a quell’ altare
e passa, passa dentro le ore, un misero lumino al ricordo che duole
Ora dormono le viole, nell’eterno mistero,
nulla muta intorno, nella luce ancora tanto nero
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