Il secondo primo bacio

DI GIOVANNI BOGANI

Vorrei dirti di qui. Di che cosa succede qui, in questo mondo chiuso da due pareti di libri, un computer, e una finestra sulla periferia.

Ma prima ti racconto una storia. Me la sono scritta, perché poi dimentico. Dimentico tutto. E anche questa notte la dimenticherò.

Oggi sono approdato. Alla fine del crepuscolo. Alle piogge di marzo, che in Brasile non aprono alla primavera, ma chiudono l’estate. Sono arrivato alle piogge di marzo della mia vita. Sono dolci, e fanno male. Perché prima di ora, non avevo mai capito di morire.

Non so quanto sarà tremendo, morire. Quanto sarà lungo, ed estenuante, soffrire.

Ho paura. Ma intanto, oggi ho preso il treno. Io col mio giubbotto di pelle nera sono andato in una città piccola. E appena arrivato, era notte. Era buio. Inverno.

Poi sei arrivata tu, in mezzo al traffico e al buio, in quel piazzale di stazione di provincia, e mi hai chiesto se volevo una mela. E ne hai spezzato un pezzettino con i denti, mi hai chiesto se mi faceva schifo che me la tagliassi così. E io per risposta l’ho preso, quel pezzettino, ma dalla tua bocca, dalle tue labbra. E sembrava giusto, sembrava l’unica cosa giusta da fare. A tutti e due.

Insomma ti ho baciato, e ho mangiato la mela, come Eva. Ero io Eva. Ci siamo tentati, e ci siamo baciati, ed era fresco quel bacio che sapeva di mela. Un bacio di acqua e frutta, un bacio di bambini, un bacio acido per ritrovare la tua bocca, dopo tanto tempo.

Non è tanto, ma non è neanche poco. Intanto, c’era una città che odorava di Natale. E gente alle fermate dell’autobus. Gente che non sapeva che quello era il nostro secondo primo bacio.

Immagine tratta dal web

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