Il silenzio è d’oro

DI ROBERTO BUSEMBAI

Quando ero bambino mia madre mi diceva sempre che il silenzio è d’oro e me lo sottolineava quando io chiacchierino che ero, non trovavo mai il momento per starmene zitto. Rimanevo sempre basito da quella affermazione perché al tempo io di oro conoscevo solo quello che Zio Paperone custodiva nel suo grande deposito e non riuscivo proprio a capirne il senso.

Poi l’adolescenza mi ha aiutato a conoscerne il sapore, talvolta amaro, quando la crescita del corpo pone delle domande e che farle risulta imbarazzante e la timidezza avvampa, e nel silenzio devi trovarne risposta e ti crei con esso le più svariate soluzioni e non ne sei assolutamente convinto.

E ancora d’oro io non ne cavavo e quel valore immenso non mi apparteneva, poi il primo amore, quello uguale a tanti, ma per te unico e diverso da elevarti e appassionarti combattendo nel tuo silenzio di parole da dire e mai dette per la solita timidezza e incespicata volontà decisa che vagava ancora d’insicurezza.

Allora ecco che il silenzio diventa l’unico mio compagno di solitudini fatte di sogni a occhi aperti, carezze pensate e mai date, baci ogni momento gettati a un vento e parole, parole che solo il silenzio poteva sentire e che ugualmente mi deponeva sul cuore.
E col silenzio ho contratto un accordo, quello silente dei primi momenti chiusi nella mia cameretta, quello che mi permetteva di piangere senza essere visto e quello ancora più vasto e imponente amare me stesso e colei che forse e anzi sicuramente non sapeva nemmeno che esistessi.

Poi venne quello maledetto, quello che ti mangia e corrode dentro, il silenzio del dolore, che irrompe come un fulmine improvvisamente per la perdita di colui che avevi sempre considerato eterno, il padre tuo similare anche se apparentemente distante, e quel silenzio è stato immenso, l’unico senza rumori o voci ma solo folate di vento e cambi di luci da illuminanti a quasi tenue e sbiadite.

E di quel silenzio ne avrei poi conosciuti altri e altri ancora e forse anche più dolorosi e invadenti, e quell’oro se ne stava ancora nascosto o forse ero l’unico a non poterlo avere.
Era una notte fredda, un inverno di quelli che ormai non si conosce, seduto sulle scale di un ospedale ad aspettare che una vita nascesse, ed ecco che il silenzio davvero si tinge di giallo aureo e splende nel cuore e mi ruba l’anima e il mio corpo lievita sul marmo dei vecchi scalini, attendevo di essere padre io che ancora non credevo possibile esserne in grado, giovane e ancora inesperto di una vita ancora da trascorrere.

E il silenzio era d’oro lucente, un silenzio d’attesa che girava e vagava come un tornado senza freno.
Poi con il tempo, come in tutte le cose, ho imparato a gestire quel mio amico silente, a farne beneficio nel momento che ne avessi avuto bisogno oppure farmene compagno per affrontare un esame o un intervento, a farmene complice per un sogno desiderato da raggiungere o solamente amante della mia anima e del mio cervello.

E con il senile andare dei giorni e dei tempi è il silenzio l’unico che mi dà la forza di continuare , quel silenzio dotto e prezioso più dell’oro che diceva mia madre e adesso forse ne comincio ad assaporare il sapore e soprattutto il valore.

Immagine tratta da Pixabay

 

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