In qualche modo…appagati

DI MARIAESTER GRAZIANO

Non so quando è successo ma credo di aver scelto un certo tipo di povertà come la misura di un meno che fa abbondanza.
Una povertà non fatta di sottrazioni ma di aggiustamenti sul bisogno.
Una mancanza di forze, mi ha riportato pelle e ossa e spirito a un Eden di pochi nomi e molti frutti.

C’è da dosare insonnia e falene, emicranie e cicale, da coordinare le stagioni dei bisogni, trovare in un criterio di stelle e lampioni la via di mezzo per ricordare un proprio buio senza smarrirsi tra la visione e l’asfalto.

Ho aspettato che una stella cadesse ogni tanto per trovare una coincidenza tra i due mondi ed è stato come voler riappendere la mela sull’albero proibito, protetta dal morso, dalla sostanza iniettata dei desideri che non erano miei.

Così è nel meno che ho ricevuto,
nel diritto di pane e olio sulla fame dell’infanzia, nel panno forte della sciarpa con l’odore di mamma sul vento degli inverni, nei piedi su un’erba forte che ha già conosciuto l’orma di mio padre, nei libri aperti come onde sulla cronaca di un viaggio, nelle scialuppe di mani amiche sul dolore di un naufragio.

Nel poco che arriva su un vuoto reale.
Ecco, alla fine di tutto questo può succedere di essere non proprio felici ma realisticamente protetti, in qualche modo appagati.

Immagine tratta dal web

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