La coscienza dei luoghi

DI PINA COLITTA

 

Cosa vorrà mai dire coscienza dei luoghi? La coscienza dei luoghi è
semplicemente legata alla consapevolezza che hanno i cittadini nel
momento in cui si occupano di curare i beni comuni e riescono a
coordinare o integrare le loro attività con le istituzioni locali, con
continuità, in “spazi” specifici che possiamo chiamare “laboratori”
territoriali…

In questo modo si fa strada quella che potremmo definire
“coscienza dei luoghi”. Protagonisti di tale coscienza sono quelle
persone, interpreti dell’ambiente in cui vivono, che sviluppano
cooperazione, collaborazione reciproca; in questa sorta di
organizzazione gli aspetti produttivi e di vita sociale sui territori
s’intrecciano in un comune modo d’intendere, vivere e progettare i
luoghi stessi, in una proficua collaborazione tra cittadini e
istituzioni insieme.

E’ superfluo sottolineare che tutto ciò può avere
degli effetti vantaggiosi; uno su tutti creare una “cultura” locale
dei beni comuni che rigenera e rimette in circolo risorse nascoste
delle comunità e dei territori, specifiche di quei luoghi.

Nulla di
anomalo perché sono gli stessi “vantaggi” individuati in numerosi
studi e ricerche posti già alla base dei distretti industriali e dei
network di imprese, nella prospettiva di una sorta di comunità sociale
che ha per protagonisti i produttori di quel territorio. Insomma una
comunità che è capace di risolvere i problemi, sviluppando
collaborazione e coordinamento sui territori e sinergie con i
consumatori.

Favorire la crescita di una comunità che cura ciò che è
sottoutilizzato o abbandonato significa infatti anche attivare cicli
rigenerativi di spazi, abitazioni e immobili, cibo e terre, ma anche
persone con le loro competenze e saperi.

 

“La parola comunità esala una sensazione piacevole, qualunque cosa
tale termine possa significare (…) Le compagnie e le società possono
anche essere cattive, la comunità no. La comunità è sempre una cosa
buona.

Zygmunt Bauman

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