La grande depressione afghana: per sopravvivere si vendono bambini

di Maria Parente

La grande depressione afghana: per sopravvivere si vendono bambini

Sopravvivere in Afghanistan ha un costo altissimo. E’ un lusso, non un diritto. La situazione è così drammatica che molte famiglie disperate hanno iniziato a vendere le proprie figlie per ottenere denaro e acquistare cibo o per pagare i trafficanti che li porteranno in Iran, Tagikistan o Pakistan, via d’uscita dall’inferno afghano, gestito dal Ferragosto scorso dai talebani.

Chi vende sono famiglie sfollate dall’interno dell’Afghanistan, in fuga dai talebani e che oggi non hanno un lavoro né sanno come pagare l’affitto di una stanza. Chi compra ne fa i suoi piccoli schiavi in casa e in bottega o, nel caso delle bambine, la moglie/schiava.

Siamo di fronte alla più grande crisi umanitaria del mondo. Secondo i dati dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura, più di 18 milioni di afghani non sono in grado di nutrirsi ogni giorno. I media locali riferiscono di una bambina di 6 anni e un bambino di 18 mesivenduti rispettivamente per 3.500 e 2.800 dollari. In un altro rapporto, una bimba di 9 anni è stata comprata per circa 2.200 dollari sotto forma di pecore, terra e contanti.

Come avvertono anche le Nazioni Unite «i divieti talebani che impediscono alle donne di svolgere la maggior parte dei lavori retribuiti hanno colpito proprio le famiglie dove le donne erano le colonne portanti. Anche nelle aree in cui le donne possono ancora lavorare – come l’istruzione e l’assistenza sanitaria – potrebbero non essere in grado di soddisfare i requisiti talebani e sono costrette a compiere tali gesti».

A partire da novembre 2021, l’Unicef ha lanciato l’allarme sulle spose bambine. L’Associazione ha riferito che i matrimoni precoci sono in aumento in Afghanistan. Nonostante la legge vieti di sposare minori sotto i 15 anni (e ancora al di sotto dello standard di 18 raccomandato a livello internazionale), sono scambi ampiamente praticati dalle famiglie.

Secondo le analisi dell’organizzazione, il matrimonio precoce ha conseguenze devastanti sulla salute di una ragazza per via degli abusi fisici e sessuali ed equivale a una forma di schiavitù moderna. I matrimoni combinati intrappolano le donne in un ciclo di povertà.

Un’emergenza drammatica che purtroppo resta confinata ai racconti delle famiglie confidati a qualche media locale, alcune notizie poi riprese su tabloid nazionali, ma i rimedi offerti , gli aiuti predisposti, faticano ad essere risolutori per l’attuale dilagante crisi nello stato. Sembra irrealistico, eppure, si muore ancora di fame: senza distinzione di età, in Afghanistan, è tra le maggiori cause di morte.

La testimonianza di Bibi e Mohammad,rispettivamente di 40 e 45 anni, fa rabbrividire: l’unica alternativa di salvezza è rappresentata dall’ affidamento di uno dei loro gemelli a un’altra famiglia senza bambini perché non hanno abbastanza soldi per sfamare i loro 8 figli. «Non c’è lavoro in Afghanistan. Abbiamo dei figli e ci servono farina e olio. Servirebbe anche legna da ardere.

Negli ultimi due o tre mesi non ci siamo potuti permettere di comprare la carne, abbiamo solo il pane per i bambini e anche quello non è sempre disponibile». Lo spettro della morte incombe sulle loro vite, già segnate da un’esistenza flebile; l’unico desiderio resta quello di salvare i propri figli, anche sacrificandoli, per sperare ancora nella vita un giorno di più. (FONTE: Bluedossier.it)

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