La memoria viva e vigile. La musica nei campi di concentramento

DI MARIA RONCA

La musica, l’espressione umana più alta, invischiata nel genocidio. Non c’è cosa peggiore nell’annullamento fisico e morale voler abbruttire e distruggere l’animo umano.

Usare la musica per accompagnare alla morte i compagni non era una concessione. Era un modo per inferire sui prigionieri. L’annientamento era totale. La morte banalizzata fino all’ultimo istante.

Nei campi di concentramento era impossibile scrivere liberamente, bisognava suonare a memoria, guai a scrivere e a registrare, gli spartiti venivano scritti sulla carta igienica, all’occorrenza anche quella si usava.

La musica si conservava nel cuore, negli orti, nell’intercapedine di un muro, di un fabbricato, …

Vi era anche un’orchestra ai campi, nel diletto delle SS, tanta sofferenza per i prigionieri costretti a comporre musica anche senza ispirazione.

Il tango della morte, il ballo più seducente e sensuale incorniciato tra gli orrori.

Brividi percorrono l’animo del musicista che senza emozione continua a suonare per sollazzare l’aguzzino tronfio e spavaldo.

Francesco Lotoro ha raccolto 5000 spartiti musicali composti nei campi di concentramento e recuperati attraverso un viaggio nelle capitali europee segnate dallo sterminio degli ebrei.

Il materiale è stato raccolto in un’enciclopedia discografica presentata agli alunni dell’Istituto Tecnico Agrario di Andria.

La Musica accompagnava i prigionieri all’impiccagione e alla fucilazione, sfilavano in corteo i musicisti, per coprire l’orrore, per farsi beffa, persino della morte, nessun rispetto.

Non si risparmiava nessuno!
Una ninna nanna accompagnava i bambini alle camere a gas, figli tanto desiderati e amati, giungevano in una stanza buia e fredda senza amore, l’incubo stava per finire: addormentati e per sempre bambini.

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