DI MANUELA MINELLI
A Lampedusa il tempo è dilatato e i ritmi sono lenti, a misura di essere umano. La qualità della vita sembra ottima. Stando qui, dentro questo quadro a olio dove ci si perde in tutte le tonalità dell’azzurro e dell’acquamarina, sembra proprio che il male non debba arrivare.
Lampedusa è da vivere da soli, in compagnia dell’altra parte di sé stessi, quella che cerca il contatto con la Natura, camminando per chilometri su sentieri polverosi profumati di mirto e ginepro, tra rocce bianche e frastagliate, dove ogni tanto si incontrano dammusi disabitati intorno ai quali spuntano le pale spinose dei fichi d’India e tra le pietre bollenti di sole si incastrano cespugli di piccoli capperi, oppure affittando una bicicletta per pochi euro al giorno e perdersi dentro ai vicoli che costeggiano la centrale via Roma, dove si affastellano boutique etno-chic e localini alla moda e dove di sera i turisti passeggiano in un distratto su e giù, con un cono gelato di gelso e latte di mandorla, tra gli effluvi di sughi e fritti di pesce, a ritmo delle numerose orchestrine che si esibiscono in ogni angolo. Tra queste noi abbiamo amato e seguito quei mattacchioni degli Ottonianimati, band itinerante per tutto il paese che, suonando jazz, blues e marcette baldanzose, si tira dietro una coda di gente danzante, bambini e nonni compresi, che fluttua, corre, avanza e indietreggia, diventando più folta ad ogni incrocio, disperdendosi soltanto quando, sudati e stremati, i musicisti esplodono in grida di giubilo, crollando a terra esausti.
Lampedusa invita al relax, ma poi ti provoca con l’infinita offerta di spiagge e calette che si aprono su un mare trasparente e pescoso, con tutti i colori delle pietre preziose, tormalina, ametista e lapislazzulo, in cui puoi nuotare, infilandoti nelle grotte dai nomi romantici, Grotta dell’Amore, dei Desideri, Grotta del Sacramento, dove alzando lo sguardo ti sembra di essere in una cattedrale di pietra in cui il Tempo, nei secoli, ha ricamato pizzi e merletti.
Alla sera i tramonti diventano pura poesia e nei due porti dondolano le barche dei pescatori, quelle più grandi la mattina si trasformano in bus naviganti per comitive di turisti che fanno scattare instancabili le loro macchine fotografiche per immortalare l’isolotto dei Conigli, annoverato tra le dieci spiagge più belle del mondo, o Cala Pulcino, Cala Croce, Cala Creta (dove Claudio Baglioni da anni ha eretto la sua dimora, ben insediata nel paesaggio circostante, con uno studio di registrazione a picco sul mare e che ad ogni ottobre regala all’isola e ai suoi abitanti un concerto gratuito, spesso accompagnato da altri grandi artisti italiani), Cala Francese, la Tabaccara, chiamata così perché in una delle sue grotte chiusa da una frana sono state ritrovate numerose balle di tabacco di contrabbando, Cala Madonna, Cala Galera, dove secoli or sono venivano confinati gli ergastolani, la spiaggia della Guitgia, la più accessibile e centrale, ma non per questo meno affascinante.
Sul promontorio del Cavallo Bianco si trova la Porta d’Europa, una scultura di Mimmo Paladino che guarda verso l’Africa, in ricordo delle migliaia di vittime morte nel Mediterraneo nei viaggi verso l’agognata salvezza. La sua superficie intarsiata con una ceramica speciale risplende come un faro, qualcuno dice che è stata voluta dieci anni fa dagli spiriti dei migranti. La Tunisia infatti è a sole novanta miglia marine, appena centosessantasei chilometri di distanza, e anche geologicamente Lampedusa appartiene più all’Africa che all’Italia, sebbene chi fugge da quelle terre e approda qui come clandestino viene confinato in un centro di raccolta che si trova al centro dell’isola, lontano dal mare, zona di transito e smistamento dei migranti diretti verso il resto d’Europa.
Lampedusa si vive romanticamente anche in due, le coppie la scelgono come meta per il viaggio di nozze e li riconosci subito gli amanti che, buttati gli zaini in una Mehari presa a noleggio o avvinghiati su improbabili scooter, vivono questo Paradiso terrestre con un sano spirito di libertà, distaccandosi da tutto ciò che sia impegni, costrizioni, traffico, smog, stress e arrabbiature.
E sono moltissime anche le coppie di pensionati che vengono a vivere qui un po’ fuori stagione la propria primavera, noi abbiamo incontrato anche gruppi di amiche alla ricerca di una settimana tutta Natura e famigliole con bimbi al seguito, perché le spiagge di sabbia candida sono ben accessibili e l’ ”acqua alta” comincia un bel po’ dopo le boe di avvertimento.
Qui a Lampedusa si vive con i ritmi della Natura, svegliandosi poco dopo il sorgere del sole, concedendosi gustose colazioni a base di pane cunzato (intarsiato di piccoli semini di sesamo tostato), biscotti glassati ripieni di fichi, mandorle e cannella, assaporando i deliziosi cannoli traboccanti di ricotta e crema di pistacchio, lasciando a casa i sensi di colpa per la dieta infranta, perché la giornata si vive intensamente, con gran dispendio di calorie, nuotando e facendo snorkeling, pedalando e arrampicandosi in percorsi a strapiombo sul mare, camminando incuranti del vento che canta in un accenno di autunno e piega gli alberi in un tentativo di inverno.
L’economia dei circa seimila abitanti dell’isola di Lampedusa si basa principalmente sul turismo. Che siano piccole aziende a conduzione familiare (come il delizioso “Mir Mar”, minuscola pensione familiare affacciata sulla spiaggia della Guitgia, dove Anna e Rosa cucinano pesce pescato al mattino e servito in enormi piatti da Marianna e Simona e Luciano fa la pizza più grande e più buona dell’isola) o imprenditori di medio calibro, l’offerta turistica di alberghi, ristoranti, bar, boutique, noleggi di auto, scooter, quad e piccole imbarcazioni, centri diving, escursioni per mare e per terra, è davvero infinita. Non potete soggiornare a Lampedusa senza vederla e respirarla dal mare, tuffandovi per un bagno indimenticabile dove l’acqua prende il colore delle poseidonie o delle rocce, nuotando in mezzo a saraghi, triglie, cernie, curiosi pesci pagliaccio con gli occhi gialli e, se siete fortunati, anche delfini e tartarughe caretta caretta che vengono a deporre le loro uova, sotto la severa sorveglianza di un esercito di volontari di Legambiente, sulla calda sabbia bianca di Cala Coniglio. Noi il giro dell’isola l’abbiamo fatto con la Chipino, accogliente motonave che ospita a bordo non più di quindici persone e il cui capitano Giovanni, dopo averci scorrazzato per metà mare di Lampedusa e averci illustrato la storia di tutte le cale e le grotte, ha gettato l’ancora per servirci un pranzo a base di pesce freschissimo che, da solo, vale i quaranta euro del costo del biglietto. Così rinfrancati, cullati dal rollio delle onde e dopo un ennesimo tuffo in un’acqua caraibica, si fa l’ora della merenda e Capitan Giovanni fa apparire vassoi di piccoli cannoli con l’onnipresente crema di pistacchio e bicchierini di finocchietto, il liquore digestivo che qualsiasi lampedusano doc ti offre ancor prima di salutarti.
Porto Vecchio, uno dei due porti di Lampedusa, è la parte più tunisina dell’isola, con le palme su una spiaggia un po’ dimenticata, casette coi muri sbreccati dai colori pastello un po’smunti, reti tese ad asciugare e grossi cani magri che vagano con lo sguardo triste. Da qui partono i traghetti per le isole di Linosa e Lampione, solo una corsa al mattino e una per il ritorno alla sera. E qui, costeggiando il lungomare verso la salita per la Porta d’Europa, si può gustare dell’ottimo pesce che le pescherie vi fanno scegliere e poi ve lo cucinano in cento modi differenti nel giro di cinque minuti.
In fondo a tutto, nei locali della ex Stazione Marittima, dove da ben un anno non arriva l’energia elettrica, grazie all’impegno dei volontari provenienti da mezza Europa e alla biologa Daniela Freggi che ha fatto di questa causa la propria ragione di vita, sorge dimenticato dai più e sicuramente dalle amministrazioni comunali che negli anni si sono avvicendate (noi confidiamo nell’ intervento del neo Sindaco Salvatore Martello, lampedusano di nascita e di cuore, che si è detto sensibile alle problematiche ambientali), il Centro Recupero Tartarughe, un vero e proprio ospedale per le malcapitate caretta caretta che si impigliano nelle reti dei pescatori, ingoiano brandelli di plastica che gli allegri diportisti gettano in mare o, peggio, ingurgitano grossi ami da pesca che i veterinari del centro (patrocinato dal WWF) riescono ad estrarre solo dopo accurate radiografia ed ecografie e delicati interventi chirurgici. Le grosse tartarughe che giungono al centro vengono accolte nelle vasche di degenza e in larghi catini, curate, spesso per mesi, monitorate e marcate con una piccola targhetta su cui è inciso un numero, e poi rimesse in libertà, in un costante e tenace lavoro di volontari italiani e stranieri, per effetto del quale ogni anno, da più di venti anni, vengono salvati più di centocinquanta esemplari di questi animali, che purtroppo rischiano l’ estinzione.
C’è un saluto usato solo qui a Lampedusa che viene rivolto esclusivamente da e a chi si ama, O’ Scià, letteralmente respiro, fiato mio e O’ Scià è anche il nome del festival musicale che da anni Claudio Baglioni regala all’isola, invitando i suoi amici che pure si esibiscono su un palco allestito sulla spiaggia della Guitgia, Ligabue, Laura Pausini, Fiorella Mannoia e vari altri.
Sono tante le cose che il turista riporta a casa dopo la sua vacanza a Lampedusa, molte di queste non entrano nelle valigie e negli zaini, ma restano incastonate nei luoghi dell’anima. La cordialità, l’affetto e i sorrisi della gente, la musica del vento, i colori del mare, gli odori e i profumi della vegetazione, il sapore del pane cunzato caldo, delle grigliate di tonno e di spada, dei pomodorini colti e mangiati e dei cous cous di pesce, il silenzio dell’alba, il calore sulla pelle, i colori del tramonto e quello struggente senso di pace e di riconnessione con l’universo che, se sarete bravi, riuscirete a preservare fino alla prossima vacanza a Lampedusa.
*Immagini di Manuela Minelli
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