L’estate di San Martino: una leggenda antica che si confonde con la moderna realtà

DI FLORA CROSARA

Oggi 11 novembre è un giorno dedicato ai pensieri, giunti da più parti.
Si celebra San Martino, personaggio leggendario, protagonista di un gesto caritatevole. Il cavaliere Martino che dona mezzo mantello ad un povero infreddolito, incontrato sul suo cammino e riceve come ricompensa il calore di una primavera sbocciata fuori tempo è una storia che ascoltammo in molti, a scuola…la scuola elementare, come si chiamava allora.
Questa mattina, la mia nipotina Diana , che frequenta la scuola primaria ( così viene chiamata oggi), ha scoperto quella stessa leggenda e l’ha voluta rileggere con me. Corsi e ricorsi della vita.
Poi il pensiero è andato a qualcosa che tempo fa scrissi, commentando su Facebook. Si trattava della poesia San Martino. “San Martino – informa Wikipedia – è una poesia di Giosuè Carducci che fa parte della raccolta Rime nuove. Il poeta la scrisse nel 1887 ed include proprio le liriche scritte tra il 1861 e il 1887.”
Il titolo completo è San Martino (in maremma pisana), a suggellare i magnifici paesaggi della terra che Carducci attraversò, diretto a Roma. Ambienti particolarmente suggestivi nella stagione autunnale.
Il testo è un quadro, un dipinto creato con le parole.
Quando la imparai, a scuola, non ci colsi tanta bellezza. Da ragazzi si fanno le cose così, un po’ per obbligo e un po’ senza comprenderne il senso vero.
Da insegnante seppi che era diventata anche una canzone, allegra e “rappata”, interpretata da Rosario Fiorello. Quella trasformazione mi servì per farla imparare agli studenti più refrattari. Cantando e ballando la memorizzavano con molta facilità.
Ma c’era altro che mi incuriosiva. Allora la rilessi e la studiai a fondo perché mi pareva di una bellezza assoluta. È un testo poetico che celebra i paesaggi di molte zone della nostra bella Italia. Io ci vidi il mio Piemonte dove, anche in assenza del mare, sulla terraferma, accade spesso che ….
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.
Oggi, come per me, tanti anni fa. Una leggenda e una poesia, per insegnare.
Diana mi ha raccontato la sua versione della leggenda letta in classe. Ne ha fatto un racconto preciso e corretto, evidente frutto di una spiegazione chiara e ben finalizzata.
Ho apprezzato l’insegnante che ha contribuito, con la sua scelta didattica, a creare un passaggio formativo importante: far riflettere i bambini su uno dei valori umani più grandi , un valore che si chiama carità, un bene che oggi l’umanità tutta dovrebbe riscoprire.

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