L’insostenibile leggerezza dei social network

DI MASSIMO DE TOMMASO

Ragionare per immagini è un aspetto molto pratico dell’osservazione, perché in questo modo si possono individuare delle forme di base, degli archetipi ideativi, a cui ricondurre l’enorme variabilità di sagome, silhouette, contorni prototipali, fisionomie, limiti spaziali, reali ed apparenti: per esempio quelle di un panorama, schiacciato su due dimensioni.

Pensiamo alle nuvole, le tante sparse e frastagliate in una giornata ventosa, che nella nostra prospettiva “dal basso” si rincorrono, si fondono e si dividono a creare forme e contorni di immagini che tali non sono ma che la nostra immaginazione riesce ad identificare con montagne, onde marine, profili umani, cavalli e qualsiasi altra specie animale.

Ecco il segreto della valenza delle immagini, la chiave d’accesso all’universo infinito di cose cangianti ma pur sempre riconducibili all’idea di qualcosa: l’immaginazione.

Forse le immagini di per sé restano delle entità astratte o sospese, come può essere lo scatto di una fotografia che fissa un attimo ma non ci racconta nulla del prima e del dopo.

Ma anche la sequenza ordinata (o per scelta del regista disordinata) di fotogrammi che raccontano un film, quando ci “prende”, è perché cattura qualcosa che smuove la nostra immaginazione.

E così si entra nella sfera emotiva delle immagini, al coinvolgimento in questo o quel personaggio, diventando la visione del film stesso un percorso intimo e segreto che ci fa soffrire e gioire per le vicende del nostro “beniamino”; l’immaginazione ha reso quel personaggio, per affinità magari estetiche o per atteggiamenti e pensieri che condividiamo, il nostro alter ego, quell’avatar che tanti inseguono anche nei profili sociali, in fondo senza accettare che il miglior avatar è essere se stessi.

In quella variabilità di forme e fisionomie, per quanto si tenti di ridurre a “icone” un profilo umano, manca nel menu una voce fondamentale: caratteristiche uniche.

Ci hanno fornito pacchetti ben assortiti e fantasiosi di emoticon e c’è anche il pulsante condivisione, ma le emozioni e gli stati d’animo restano sfere talmente uniche e private che nessuna icona potrà mai esprimerle in senso assoluto e nessun avatar sarà mai così sinteticamente completo da farci dire: “Questo sono io!”

Immagine tratta da Pixabay

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