Mal d’aria

DI DANTE IAGROSSI

 

Ormai non passa un inverno in cui non si senta parlare di polveri sottili che hanno superato i minimi, di città assediate dallo smog e di persone che risentono di danni gravi, provocati dall’inquinamento atmosferico.

Composizione normale dell’aria
L’aria, il miscuglio di gas che circonda la Terra, è costituita soprattutto da Ossigeno (21%), fondamentale per la respirazione, Azoto (78%), costituente di varie molecole biologiche, che attutisce la sua azione sui viventi.

Il restante 1% è fatto soprattutto di Argo, inerte, in misura minore di Anidride Carbonica e Vapore Acqueo. Ci sono poi polveri molto fini dallo spazio e dal suolo.

Sostanze inquinanti pericolose
Purtroppo per le industrie, traffico, riscaldamento e incendi, entrano nell’aria anche varie sostanze pericolose:
Ossidi di Azoto, da combustioni ad alte temperature, che aumentano l’acidità del terreno, compromettendone la fertilità e irritando le vie respiratorie.
Anidride Solforosa, molto velenosa che, con l’umidità, determina le piogge acide.

Ozono, che in alto costituisce uno schermo protettivo dalle radiazioni UV, ma prodotto da attività umane danneggia le persone e le piante.
Ammoniaca, che serve nella produzione di fertilizzanti e che si trova in letami animali. Oltre a rendere acido il terreno, causa la proliferazione di alghe in corsi d’acqua (eutrofizzazione).

Particolato atmosferico, distinto in PM10 e PM2,5, per le dimensioni in micron (millesimo di millimetro) delle particelle generate soprattutto da traffico e industrie.

Metalli pesanti, (Piombo, Cadmio, Manganese e Nichel), che si aggiungono alle particelle in aria.

I due tipi di SMOG
Il termine “smog” viene dall’ unione di “smoke”, fumo e “fog”, nebbia. Ci sono due tipologie di smog, invernale ed estivo. Il primo si forma per ristagno di particelle, anidride solforosa e altri gas da comustioni, in particolari condizioni meteo (bassa velocità di vento e temperature prossime allo 0, verso l’alba.

Il secondo, fotochimico, si sviluppa per l’azione di ossidi e composti organici volatili, che in ore molto calde, producono Ozono, irritante per occhi e respirazione. Ne risentono in modo particolare i bambini.

Ultimi dati ufficiali
Per legge, il limite massimo per le PM10 è di 50 microgrammi (milionesima parte del grammo) al metro cubo, da non superare 35 volte all’anno, con media annua di 40. Invece per le PM2,5 è fissata una media annuale di 25. Su 95 città, ben 29 hanno avuto valori di PM10 superiori a quelli consentiti.

In particolare, le sei città più inquinate sono risultate: Torino, Milano, Asti, Modena, Padova e Venezia.
Conseguenze generali
La pericolosità delle “polveri sottili” risiede proprio nel fatto che esse possono finire nelle vie respiratorie, causando disturbi spiacevoli e gravi malattie, come: asma, bronchiti, polmoniti, diminuita capacità respiratoria, cancro e persino la morte. Inoltre esse aggravano le patologie cardiovascolari.

Anche l’Ozono “basso” può portare ad infiammazioni polmonari, e si forma con le alte temperature estive.
Le piogge acide danneggiano sia le foreste sia i monumenti urbani.
Anche se con quache diminuzione, il numero dei morti per inquinamento atmosferico in Europa è ancora considerevole: circa 238.000 nel 2020. L’Italia si trova al primo posto, con più 52.000 decessi prematuri da PM2,5.

Rimedi possibili
Chiusura al traffico dei centri storici.
Circolazione delle auto a targhe alterne.
Usare il più possibile mezzi pubblici e biciclette, per piccoli spostamenti, (oppure il “car sharing”, auto condivise da più persone, per viaggi più lunghi).
Evitare di stare troppo all’aria aperta nei giorni molto caldi (e non fare attività sportiva nei parchi).

Tenere i termosifoni accesi per tempi inferiori.
Usare le mascherine nel traffico più intenso.
Invece di auto che bruciano petrolio e derivati, producendo composti inquinanti, si dovrebbero utilizzare altri carburanti, come il metano e il GPL, biocarburanti , molto meno pericolosi.

Le macchine del futuro dovrebbero essere comunque tutte con motori elettrici (o a Idrogeno). L’Unione Europea ha fissato un anno limite (2035) per tale passaggio obbligato, ma l’Italia per adesso non condivide questa direttiva.

(foto da Pixabay)

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