Mobilità nella scuola: figli e figliastri

di Salvatore Salerno

Proviamo a ragionare, senza offesa per nessuno, degli incroci anche con il precariato, di un sistema malato e ingiusto.
Anche dopo l’ordinanza sulla mobilità, la questione potrebbe non essere chiusa del tutto per lo stesso anno scolastico che ricomincia il primo settembre. Non vanno abbandonate al lamento dei social le più che comprensibili esigenze di chi è sottoposto al vincolo quinquennale, sottaciute promesse e delusioni per docenti che sono persone umane con famiglia e figli, che sono costrette a lavorare lontano dagli affetti, a sostenere spese doppie con un misero stipendio da 1500 euro dove non possono starci dentro per fitti e costi di mantenimento, viaggi e doppia abitazione che non è esattamente uguale a chi ha la possibilità economica e scelta di una seconda casa. È una condizione di costrizione inumana e ingiustificata. 

Non va archiviata la grande questione ormai storica nella scuola, la costante e perenne transumanza dei docenti del sud che lavorano al nord, chiedersi perché avviene questo in un Paese civile, perché anche dopo dieci anni questi professionisti non possano ritornare nella loro regione e, soprattutto, quando i posti ci sono e ce ne vorrebbero molti altri, per tutti, ma al sud di più solo se avesse lo stesso rapporto del tempo pieno e del tempo scuola anche nelle secondarie e superiori rispetto al nord. Ma restando nello status quo degli organici di diritto e di fatto, docenti immobilizzati e il resto, sono temi affrontabili comunque già nei prossimi mesi. 
L’ordinanza del Ministro Bianchi non poteva non uscire o essere scritta diversamente dalla normativa in vigore. Ogni ordinanza deve stare nella leggeSe ci fosse un Ministero e un sindacato efficiente al centro e in periferia, più capaci e organizzati nella distribuzione delle cattedre che, a qualunque titolo, servono (di ruolo o ancora precari), se ci fosse una politica meno urlata, più qualificata e più ragionevole, tutte le altre indispensabili iniziative per coprire le cattedre a settembre potrebbero incrociarsi in itinere, riprendendo il tema della mobilità aperta anche agli immobilizzati dal vincolo e ad altri che vantano un punteggio elevato utile al trasferimento.
Non è tollerabile, come avviene ed è già avvenuto massicciamente, che nuovi immessi in ruolo di ieri o di domani trovino il posto sotto casa e chi è in servizio da molti anni non riesce a ritornare nella sua. Provate a chiedere, a giovani preparatissimi in ogni ruolo o classe di concorso, da qualunque graduatoria e da nessuna graduatoria, se non sono disposti a trasferirsi per il ruolo dove serve, per la dignità e diritto di professionista che non può essere provvisorio, da precario, dipendente dagli umori della politica e della sua propaganda? Provate a dare ruolo e certezza, pagare di più i docenti, tutti, e quelli che si trasferiscono con incentivi e contributi sulle spese. La soluzione magica sarebbe a portata di mano dove le gae sono esaurite, dove nessuno vuole stare se lavora per niente.
Non è tollerabile che solo nella scuola ci sia questa strana idea della continuità che nei fatti è rara e anche insignificante, inesistente negli altri comparti, compreso quello della salute dove ogni nuovo ingresso a tempo indeterminato è preceduto dalla mobilità rivolta a quelli che già ci sono e ovunque si trovino. Non è tollerabile che una nuova immissione in ruolo in una scuola si ritenga possa comportare automaticamente la garanzia della continuità didattica se poi si insegna nelle ultime classi, c’è un via vai di supplenti e incaricati di un solo anno, quando va bene. Non è tollerabile che abbia deciso nella prima 107, che veleggia splendidamente anche oggi, un algoritmo sulla vita delle persone, un algoritmo sbagliato nella sua programmazione e pieno di dubbi, senza risposte sul suo corretto funzionamento. Un algoritmo che ha deciso la vita di persone in carne e ossa per anni e anni.
Non è tollerabile che un docente arrivi al ruolo a 40 anni e che non conti nulla ogni specifica sua condizione di vita precedente e attuale.
Se ci fosse un clima disteso, che non c’è, si potrebbero scardinare norme affrettate e demagogiche del passato, anche recente. 
C’è bisogno di pragmatismo e laicità politica, due elementi perfetti per un Ministro tecnico del governo Draghi se abbiamo inteso bene di che governo si tratti. Un governo che deve avere la vista corta e decidere sul presente e prossimo futuro, se si vuole anche prefigurando soluzioni più di prospettiva che serviranno alla classe politica dopo le elezioni politiche.
Primo punto, mettere da parte luoghi comuni, slogan, discorsi generici e generalizzati sulla classe docente italiana, sul merito presunto, il concorso per i quale si è coniato l’aggettivo “selettivo” in contrapposizione a quale altro termine non si capisce. Ogni concorso è selettivo o non è concorso. Sono costituzionali quello per titoli ed esami, quello per titoli e servizio, quello per soli titoli e, perfino, il corso concorso (cioè, nel caso della scuola, il concorso che prevede un’ulteriore formazione e abilitazione in corso d’opera riservate ai primi delle graduatorie). Mettere da parte tutte le autoreferenzialità di docenti che si credono superiori ad altri solo per aver vinto un concorso all’italiana con commissioni e sottocommissioni e, allo stesso modo, docenti che insegnano da precari mai sottoposti ad una qualsiasi valutazione i quali, comunque, nell’idea del diritto italiano anche costituzionale, si presuppone lo abbiano fatto senza demerito. 
Ma più di questo, più di ogni tecnicismo e definizioni, va recuperato il senso della ragione di una intera categoria, divisa come nessun’altra, che si offende a vicenda nel suo interno, che più che difendere la propria causa mettendo in primo piano le ragioni, preferisce attaccare i colleghi che sono differenti perché rispetto ai primi avrebbero qualcosa in meno, così i neolaureati contro i precari, fra i precari quelli in Gae o idonei a precedenti concorsi contro quelli con tre anni di servizio e via proseguendo. Una malattia che si estende fra quelli di ruolo e appagati dal proprio ego, senza verifica. Non si fa mettendo in luce nel merito ogni ragione del proprio stato ma si prende l’occasione per evidenziare le manchevolezze delle ragioni degli altri. Tipico della guerra fra poveri. 
Sulla mobilità politici dilettanti allo sbaraglio hanno persino ipotizzato blocco e scambi inesistenti, mai presenti in qualsiasi mente intelligente, ma spacciati per veri da certa carta stampata che accredita queste dicerie. Persino sindacalisti ai massimi livelli credono ancora vera e plausibile quella ipotesi, da far cadere le braccia. È vero soltanto che nel sottobosco della politica mediocre di questo tempo, qualcuno, da due parti contrapposte, ha tentato di dividere ancora precari e aspiranti alla mobilità. Spazzatura della comunicazione.
Cosa si può fare, dunque, dopo l’ordinanza pubblicata e le maglie strette dei trasferimenti perché sono strette le norme in vigore? Devono muoversi Ministro, Sindacati, Parlamento. Queste tre Istituzioni hanno il dovere di farlo mettendo insieme mobilità di fatto, oltre l’ordinanza, precariato, oltre e a prescindere dai concorsi perché da questi, ordinario o straordinario, non si risolve la copertura delle cattedre a settembre. Lo straordinario dei 7/10 illegittimi, in pandemia e prove suppletive, nel pieno dell’anno scolastico mentre i precari erano in cattedra, costretti a viaggiare per presentarsi in condizioni da martirio, non consente neanche il numero dei vincitori pari ai posti previsti, forse si arriva ad un terzo dei partecipanti che passano, da domande e commissioni discutibili. Ne restano fuori due terzi nei cui panni nessuno si vorrebbe trovare, saranno tacciati di ignoranza e incapacità dopo tre anni e più di insegnamento durante i quali nessuno ne ha rilevato demerito, né colleghi, né ds, né famiglie o alunni. Il bello è che comunque saranno in cattedra lo stesso, lo sono oggi e lo saranno a settembre. Il trionfo dell’ipocrisia. 
L’Italia ha una procedura di infrazione dalla UE sull’abuso del precariato. Questi docenti hanno diritto alla stabilizzazione e percorsi abilitanti veloci, in un anno scolastico, valutati dallo stesso comitato preposto nella scuola dove sono o saranno. Chi su questo, fa propaganda politica contro o a favore, la finisca. Non si fa propaganda sulla pelle di centinaia di migliaia di persone e professionisti. Sulla mobilità, allo stesso modo, c’è tanto da fare dopo gli effetti dell’ordinanza, trovare possibili soluzioni transitorie da giugno a settembre incrociando semmai positivamente la questione precari e coinvolgendo le operazioni dell’organico di fatto privo degli stessi 200.000 circa, numeri mancanti come lo scorso anno rispetto all’esigenza della copertura delle cattedre a settembre.
Abbiamo già visto il film delle GPS e delle graduatorie di istituto, del fallimento di chi le ha progettate e di un apparato burocratico incapace di operare. Vediamo da sempre quello che accade nelle utilizzazioni, le assegnazioni provvisorie, gli incarichi dell’ultimo minuto, la supplentite. Riusciranno i nostri eroi a fare qualcosa di diverso da tutto questo? No. Ma almeno provarci, altrimenti fra un anno faremo lo stesso articolo senza cambiare una virgola, mentre la scuola pubblica italiana va sempre più alla deriva, perché chi avrebbe dovuto farlo preferisce non fare e lasciare le cose come stanno. Con la pandemia e senza pandemia.

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