Non si può dire di aver vissuto, se non si è conosciuto il fango

DI GIOVANNA MULAS

Si dice che a mettere le mani nel fango, nelle situazioni ambigue intendo, ci si trova altrettanto sporchi. E più si scava, nell’acquitrino, più non smette di riaffiorare melma nuova.
Si trascura il fatto che camminando ogni giorno, movendosi solo in mezzo alla poltiglia; ché questo rappresentano, in realtà, alcune comunità, certi paesi abbandonati da un dio dove pochi elementi validi non bastano ad equilibrare l’eccessiva presenza di corruzione e cattivi valori tramandati dagli stessi padri,
l’imprescindibile alla sopravvivenza del momento, quindi di quei valori etici nei quali si vuole continuare a credere e lottare per il resto della propria vita;

è toccare ogni elemento per conoscerlo, buttarlo o cancellarlo, cercando nel contempo e tuttavia di non venirne contaminati.
Un poco come quei bambini che cominciano ad approcciarsi con la realtà, trovandosi dinanzi una serie di giochi che, per colore o odore, attirano curiosità: il bambino annusa e porta alla bocca, mastica e quando può ingoia, quando il gusto non piace sputa. E non sempre piange se e quando sputa, a volte piange la madre, a causa dello spavento che il piccolo possa, in qualche modo, essersi fatto del male.
Ma non è il gioco che lo danneggia: è il piccolo che sceglie, inconsciamente o meno, di provarne il sapore, ingoiare o sputare. Deve provare quel gusto per conoscerlo; per difendersi quando, oramai adulto, si troverà a dover spurgare, o meno, certo fango.
Mio padre, un buon padre, giustificava certe costanti ammonizioni col non volere ch’io cadessi negli stessi errori, o negli errori che aveva fatto suo padre per ingenuità, e il padre di suo padre prima.
Ne ridevo, allora, ma oggi lo ripeto ai miei figli, nonostante adulti: lo dico perché non voglio che tu soffra come io ho sofferto…a che serve l’esperienza altrui, se non ad evitare gli stessi errori? A che serve, realmente, la storia, se non insegnasse sugli errori da non ripetere? E l’uomo pensante a che serve, se non ad ammonire su ciò che il futuro potrebbe portare, di buono o di cattivo all’umanità, in base agli eventi del passato? Guerre e persecuzioni di uomini per altri uomini uguali, infamie, inciviltà, calunnie… ?.
Su tutto, può accadere che sia la madre, ad apprendere da un infante che macina e sputa.
E’ nella natura dell’uomo cadere e cadere ancora, sbagliare e cadere, rialzarsi oppure no, affondare nel fango: l’ultima delle guerre morirà con l’ultimo uomo.
Se non si prova, non si conoscerà la vita e il suo senso e la vita non si può intendere leggendo o ascoltandone nozioni, spiando l’ esistenza di terzi oltre i vetri di una finestra.
Se non si prova non si può aspirare a vincere o a perdere.
E’ il tempo che insegna che vincere o perdere, nella vita, non è importante a metabolizzare il motivo per il quale siamo Qui e Ora.
Non si può dire di aver vissuto, se non si è conosciuto il fango (…).
(©Giovanna Mulas, 2020,
Estratto da ‘Labrys – Il labirinto della vita’, autobiografia romanzata, di prossima uscita)

scrignodipandora
Latest posts by scrignodipandora (see all)

Pubblicato da scrignodipandora

Sito web di cultura e attualità