Pasta e magia

DI MARIAESTER GRAZIANO

La vita è un misto tra pasta e magia, diceva Zeffirelli.
Da piccola la mia magia era molto collegata ad una forte miopia che lasciava una coda di luce attorno alle cose come fossero comete.

In chiesa vedevo piccoli palloncini di luce morbida al posto delle candele come soffioni incandescenti nel tramonto inoltrato delle primavere.
Però ordinati e tremolanti, un coro gospel.
Devo dire che le chiese erano molto magiche perché c’erano misteri che io non capivo.

Soprattutto mi chiedevo perché ci fossero gli ori, i fiori e le finestre colorate per scintillare sulla bellezza triste di corpi sanguinanti, di morti intatti nelle teche, di nudità ferite.
Si andava soprattutto in pellegrinaggio a vedere i cuori sempre vivi in finestrelle di vetro.
Pensavo che quella fosse una grande magia ma anche che fosse un vero spreco quel cuore sempre vivo senza poter sentire la sabbia sui piedi, l’odore delle mamme e dei papà quando ritornano dal lavoro, lo scricchiolio dei dopo sci rossi nel silenzio del primo bianco. Cosa se ne faceva della vita e basta?

Lì era la stessa feroce bellezza dei frac e dei cappelli, dei lustrini e delle luci negli spettacoli dei maghi intorno al corpo tagliato in due o tre pezzi delle vallette.
Serve sempre un sacro terrore perché si compia la fede e lo splendore.
Al ritorno dai santuari, che andavano molto di moda negli anni 80, guardavo il sole scivolare giù veloce come un gettone della SIP.
Le cime degli abeti grattavano la carta velina del cielo ed era un mantra immergersi nel ritmo solenne dei lampioni, uguali alle ginocchia sbucate dalle gonne vedovili di nonne sedute in fila o alle nocciole nocchiute nel fondente cioccolato della notte.

In ogni caso c’era una precisione degli eventi, una prevedibilità da rispettare perché si compisse la magia.
Ho da dirvi una cosa: la bellezza o il miracolo è una serie ordinata, perfino noiosa, di fatti preparatori per superare un certo tipo di terrore.
Nulla è esposto al caso.
Dilatate questa cosa nel tempo e avrete una serie di infiniti giorni pieni di colazioni uguali e incubi, divise e pantofole.
Sempre uguali.
Perfino noiose dicevo.

E un giorno succede che siamo morti, spezzati, pieni di cuori senza dita.
E poi ancora incredibilmente vivi. Pieni di un panico superato.
Zeffirelli diceva che la vita è un misto di pasta e magia.
Per la magia ho detto abbastanza.
Per la pasta, beh, occorre solo ritornare vivi.

Immagine tratta dal web

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