A distanza di sette anni dall’esordio nel mondo del romanzo storico con lo splendido “Talvolta un libro” Antonella Polenta torna a cimentarsi col genere, compiendo un salto temporale di sei secoli.
“Quell’anno le margherite divennero rosse” (Pegasus Edition) è un romanzo ambientato nel momento più difficile e feroce per il nostro paese, durante la seconda guerra mondiale.
Siamo a ridosso dell’armistizio del 8 settembre 1943, una data che di fatto divide l’Italia in due e traccia le premesse per l’avvio di una vera e propria guerra civile.
L’arco temporale del romanzo è breve, appena sei mesi, dall’ottobre 1943 al marzo 1944 e racconta le vicende di un gruppo di giovani renitenti che si rifugiano nella macchia boscosa del Monte Bottigli, sopra Maiano Lavacchio, un piccolo borgo grossetano tra Istia d’Ombrone e Magliano in Toscana.
In poco più di 150 pagine, intrecciate con la solita maestria narrativa, Antonella Polenta riesce a farci rivivere con la freschezza di uno stile da cronaca gli eventi salienti della guerra nella penisola in quei mesi e allo stesso tempo ci porta per mano nell’intimità delle famiglie coinvolte nella vicenda, passata alla storia come eccidio di Maiano Lavacchio, una delle tante poco conosciute vicende di violenza gratuita e feroce barbarie che hanno segnato quell’ora buia della storia italiana.
Scrivere un romanzo storico convincente significa innanzitutto contestualizzare il linguaggio all’epoca e alla sede geografica (qui troviamo ovviamente la presenza di molte espressioni tipiche maremmane) ma anche saper ricostruire gli usi quotidiani e le abitudini sociali, in questo caso quelli della civiltà contadina degli anni ’40.
Il lavoro di ricerca storica si evince da tantissimi dettagli che vengono riportati con accuratezza e la cultura variegata della scrittrice non manca di descrizioni accurate della fauna e della flora della campagna e del bosco maremmani.
Anche il corredo fotografico e la dettagliata citazione delle fonti nell’appendice finale sono testimonianza di un lavoro di ricerca certosino e attento, cui ci ha già abituato Antonella Polenta.
La prosa è quella tipica di Antonella Polenta, ben dosata tra parti narrative e dialoghi, assolutamente credibili anche nella ricostruzione storica degli eventi, con un crescendo di affetto verso i protagonisti della triste vicenda, fino alle commoventi pagine finali che raccontano la rassegnazione dei martiri e lo strazio delle loro famiglie.
D’altra parte il romanzo, come inedito, ha ricevuto nel 2021 il primo premio nella sezione narrativa/racconti al prestigioso Premio letterario nazionale di narrativa, racconti e poesia Città di Grosseto – “Amori sui generis”: anche questo non poteva essere che un’ulteriore testimonianza della bravura narrativa di Antonella Polenta.
Immagine tratta dal web
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