Quello sguardo che si riconosce tra mille

DI MASSIMO DE TOMMASO

Il calore e l’afa di quel pomeriggio estivo rendevano i sensi ovattati.
E lo stesso misterioso fluido anestetizzante si era impossessato delle facoltà mentali e dello stato di coscienza.

Ma proprio in quel viaggio silenzioso, sospeso tra una distorsione onirica dei fatti e una difficoltà di separare il reale dall’immaginario, raggiunse una grande consapevolezza.
Era il momento di smettere di consumare la sua vita e di cominciare a viverla.

Il filo rosso dei pensieri era un gioco di tessere del dominio, ognuna col volto delle donne che avevano riempito il suo passato. Marina, Clara, Beatrice, Nuria, Cristina, Isabella. Non era importante l’ordine, perché alla fine, per un motivo o un altro, tutte quelle tessere erano scadute, quei volti erano diventati evanescenti.

I sapori, gli sguardi, i profumi di quelle storie erano ormai dissolti nel vento, come un’ombra di cui lui soltanto riconosceva i contorni e di cui non aveva più paura.

C’era ancora una tessera sul panno verde della sua immaginazione. Non aveva un volto, soltanto un nome: Alicia. Era l’angelo con cui aveva giocato a nascondino per troppo tempo, quella femmina terribile e irresistibile, da cui era stato sempre attratto e da cui altrettante volte era fuggito.

Una donna ironica, forte, indipendente, saggia al punto di non voler mai mettersi in gioco se non per un bene superiore. Una donna apparentemente cinica e disillusa, chiusa nel labirinto della sua sofferenza.

Eppure fragile nella sua voglia romantica di vedere la giustizia trionfare ovunque e pronta a scatenare tutta la femminilità a lungo soffocata, per chi fosse stato in grado di conquistarla con sincerità.

Lui sapeva che esisteva e che aveva un solo indizio per riconoscerla. Lo sguardo.

Immagine tratta dal web

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