Ragazzi fragili

DI RITA CUTUGNO

In tutti i programmi tv si parla di educazione all’affettività nelle scuole, alla luce di quanto accaduto in questi giorni. Io sono in pensione da pochissimo tempo, e dunque parlo con cognizione di causa. Non so dire del resto d’Italia, ma nelle scuole che mi hanno visto insegnare, abbiamo sempre attuato il progetto “Affettività e sessualità consapevoli “, e questo da molti, moltissimi anni.

Abbiamo sviscerato ogni possibile componente psicologica, con l’intervento di psicologi ed esperti. Alla stessa stregua, abbiamo sostenuto, con convinzione testarda, il progetto “Cittadini consapevoli “, parlato e ragionato delle varie dipendenze ecc ecc… L’elenco sarebbe lungo. Amavo curarmi di questi progetti. In Trentino la scuola funziona, e funziona bene.

Perché scrivo questo? Perché, nonostante l’impegno dei docenti, gli adolescenti sono tutto, tranne che consapevoli. Consapevoli di cosa poi? Non di se stessi, e neanche del mondo che li circonda. Fa male saperlo, ma i ragazzi di oggi sono alienati dalla realtà. Sono i figli del 2000. Ragazzi che vivono una vita virtuale e per i quali conta solo l’approvazione del gruppo. Gruppo che, in realtà , è un branco.

E se in natura il branco ha un suo senso e scopo, in altri contesti non ne ha alcuno. Sono i nostri figli. Che non sanno vivere. Ho passato gli ultimi mesi uscendo ogni sera, ho frequentato bar e locali vari, e li ho visti i ragazzi di oggi. Li ho visti e continuo a vederli ogni giorno e ogni sera. Li vorrei abbracciare tutti e grattare la loro ruvida e sottile scorza, e so che non aspettano altro che qualcuno lo faccia. Tutti uguali.

Vestiti nello stesso modo, stessi colori, stessi accessori, stesso trucco, stessi tatuaggi, stesso modo di camminare, stessa terminologia nel parlare, stessa aggressività e maleducazione. Pieni di rabbia e dolore. Un esercito in divisa, senza una guida che possa portarli a una qualsiasi vittoria.

Ma ho visto, al contempo, ragazze che si tengono per mano, che non vanno in bagno da sole, insicure e tremebonde, che hanno la paura nello sguardo e un dolore nascosto negli occhi. Tutti soli, maschi e femmine. Soli e aggressivi, che nascondono le insicurezze sotto i tatuaggi e gli slang. Ragazzi che non accettano una sconfitta, perché li metterebbe di fronte a difficoltà che non sono pronti a riconoscere, perché non hanno gli strumenti emotivi per poterlo fare.

Ragazzi fragili, soli, impauriti, deboli, che si rifugiano nel web e vivono rapporti virtuali. I nerd. Gli hacker. Eppure sono intelligenti e sensibili. E quindi? Perché accettano sfide virtuali che li portano a morire? Perché non comprendono che un amore può finire? Eppure sono studenti brillanti, intelligenti e intuitivi. Non so rispondere, anche se un’idea ce l’ho, ma ho conosciuto centinaia e centinaia di ragazzi, quindi posso dire la mia.

E posso dire di aver constatato che i ragazzi più maturi sono sempre quelli che vivono nelle difficoltà. Ho visto meravigliose perle sbucare da melmosi pantani. E ho visto cervelli spenti in ragazzi che avevano, apparentemente, famiglie attente e affettuose. E allora?

Non ho la risposta giusta. Questa è solo una delle mie tante riflessioni improvvise. Estemporanea e senza pretese. Ma con una lacrima trattenuta a stento. Vorrei essere ottimista e avere speranza nel futuro, ma non è così. E mi dispiace davvero tanto.

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