Remo Brindisi, Venezia

DI ILARIA PULLE’DI SAN FLORIAN

Remo Brindisi – tra i pittori più citati del Novecento italiano: a lui sono dedicati istituti e intitolate strade – si forma inizialmente presso la Scuola d’Arte di Penne, in cui il padre è docente di scultura in legno, per poi proseguire il proprio processo formativo a Urbino, presso l’Istituto Superiore d’Arte per l’Illustrazione del Libro di Urbino, a seguito dell’attribuzione di una borsa di studio.

Conduce una vita piuttosto avventurosa che lo porta a spostarsi in varie città italiane: in particolare, dopo la chiamata alle armi in occasione della Seconda Guerra Mondiale, giunge a Firenze in seguito alle vicissitudini dell’esercito italiano, ove incontra colleghi con cui stringerà un interessante rapporto di amicizia, tra i quali Ottone Rosai e Ardengo Soffici.

È proprio nel capoluogo toscano che l’artista, nel 1940, riesce ad allestire la prima mostra personale, poi seguita da molte altre – la presentazione del catalogo dell’esposizione è curata nientemeno che da Eugenio Montale – e quando viene catturato dai tedeschi, riesce a scappare e a rifugiarsi a Venezia, dove vive in clandestinità fino alla Liberazione.

Nel 1947 si trasferisce a Milano, e qui partecipa alla polemica che vede contrapposti Astrattisti e Realisti, decidendo di aggregarsi al Gruppo Linea, in cui milita anche Salvatore Quasimodo, ed inizia a modificare i propri tratti e stile probabilmente ispirato da una palese deriva in senso cubista; solo in seguito allo scioglimento del suddetto gruppo, l’autore si avvicinerà alla corrente Realista, per poi discostarsi anche da tale tendenza e propendere per temi politici e sociali, spesso proposti tramite la realizzazione di grandiosi cicli.

Ricordiamo i quattordici dipinti dedicati alla Via Crucis, in cui l’aspetto religioso prende il sopravvento sulle rimembranze a carattere bellico, e la maestosa serie sulla Storia del Fascismo, che lo vede impegnato per ben cinque anni, in cui provato da intensa passione riversa sulle tele le atmosfere traumatizzanti che popolano i suoi incubi.

Si parla di formalizzazione di aspetti della coscienza e raffigurazione di orrori insuperati, mentre certa ne appare la maturità, basata sia su innovazioni espressioniste che su di un linguaggio innovativo, definito neofigurativo.

Venezia, dipinto realizzato da Brindisi sul finire degli anni Ottanta, oggi appartenente alle collezioni d’arte della Fondazione Cariplo, raffigura uno dei temi favoriti dell’autore, il quale, nel corso degli anni, non manca di rappresentarne vedute e scorci secondo il proprio stile vagamente distorto.

Una benevola alterazione in grado di ritoccarne i lineamenti senza stravolgerli, consapevole della dimensione personale relativa ad una interpretazione sui generis, altresì rispettosa di un luogo sovente affrontato in quanto profondamente amato.

Un’atmosfera degna de Le mille e una notte, o de Il baule volante, fiaba di Hans Christian Andersen ispirata alla suddetta raccolta, dominata da suggestioni orientali e contesti misticheggianti, in cui l’oro surclassa i restanti elementi in una infinita preziosità tuttavia mai sconfinante nella mera opulenza.

All’inizio degli anni Settanta, l’autore, presso Lido di Spina, in provincia di Ferrara, dà materialmente vita al progetto Casa Museo Remo Brindisi – Arte e Design del Novecento, ispirato al Bauhaus su progetto dell’architetto Nanda Vigo, struttura aperta al pubblico durante i mesi estivi a simboleggiare i periodi trascorsi in loco dall’artista, e per sua stessa volontà testamentaria donata al Comune di Comacchio.

Allestita come una vera casa abitata, con tanto di arredi e suppellettili, ospita prestigiose opere di artisti contemporanei, sia nazionali che internazionali.

Remo Brindisi riposa nel cortile della struttura, pratica diffusa da tempo oltreoceano – anche Elvis è tumulato nel parco della sua casa-museo di Graceland, in Tennessee – dagli anni Novanta possibile anche nel nostro Paese…

Remo Brindisi (1918-1996), Venezia, 1989/1990, olio su tela, 70×50 cm., Milano – Collezioni d’arte della Fondazione Cariplo
Immagine: web

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