Rinnovabili sbagliate al Mugello

DI FABIO BORLENGHI

 

 

Può un luogo, frequentato da Dante Alighieri, che ha visto nascere la Signoria dei Medici e ha dato i natali a Giotto e Beato Angelico, essere deturpato irreversibilmente in una parte del suo cuore antico per contribuire al fabbisogno energetico nazionale per lo 0,02%? In questo nostro sfortunato paese sì.

Perché sfortunato? Ma perché da un lato non si fa che dire che siamo il paese più bello del mondo, un museo a cielo aperto, pieno di storia, cultura, artisti fra i più prestigiosi al mondo, bellezze storiche e paesaggistiche invidiate da tutti, insomma un elencone di squisitezze che in mano a una ferrea, seria e capace politica di stampo germanico o nord-europeo ci farebbe campare tutti di rendita, o quasi, e invece no, il dualismo cosmico del più e del meno, produce contraddizioni a iosa e così ci dobbiamo sorbire troppe ricorrenti scelte sbagliate e brutte.

E’ storia vecchia, sono anni che da più parti si manifesta lo sdegno contro l’arrivo delle torri eoliche sui bei luoghi italici, ma tant’è.

Il fatto recente riguarda il Mugello, territorio bello e suggestivo, carico di storia, padre della Sieve, figlia dell’Arno.

Sul crinale prossimo al Monte Giogo di Villore è prevista l’installazione di otto torri eoliche alte 168 m (pala compresa) con una potenza media installata di 29,6 MW.

La produzione elettrica prevista è di 80 GWh, che rappresenta lo 0,02% del fabbisogno nazionale (stimato in circa 330.000 GWh).

Perché è sbagliato installare torri eoliche che produrrebbero energia pulita senza emissioni atmosferiche su un crinale montano?

Perché la risposta al modello di società che ci ha portato fin qui, accumulando un passivo senza precedenti fatto d’inquinamento diffuso e sconvolgimento climatico, senza citare i problemi delle disuguaglianze sociali, non può essere tale da arrecare ulteriore danno alla biodiversità né tanto meno alla bellezza dei luoghi.

Biodiversità e bellezza dei luoghi sono figlie della stessa cultura che fonda le proprie radici nel rispetto di ciò che ci circonda.

I danni alla biodiversità si manifestano a causa del forte impatto dell’eolico nei confronti dell’avifauna tutta e in particolare dei grandi rapaci veleggiatori quali aquile e avvoltoi.

Succede che un’aquila che perlustri giornalmente dei crinali montani, dove ha sempre cacciato lepri o volpi, nel momento che parte di questi crinali fossero invasi da torri eoliche l’aquila continuerebbe a cacciare come ha sempre fatto lepri e volpi perché il suo istinto predatorio è prevalente rispetto alla scelta comportamentale di evitare il crinale eolizzato.

Conseguenza di ciò è il rischio della sua vita. Sui crinali del Mugello le aquile ci volano eccome. Lo stesso rischio letale vale per avvoltoi, nibbi, bianconi e tutti gli uccelli, sedentari o migratori, che si trovassero a passare per un cosiddetto parco eolico, che di parco non ha niente, trattandosi di un impianto di produzione di energia elettrica a vento.

E non dimentichiamoci delle utilissime, per l’uomo, popolazioni di pipistrelli che come gli uccelli, pagano una tassa altissima sulla propria vita. Tutto ciò è ampiamente documentato e provato dalla letteratura scientifica.

Non meno danneggiata è la bellezza dei luoghi, da tutti i punti di vista, naturale e culturale. Il paesaggio italiano amato da Goethe, Stendhal, Byron, Gregorovius, Keats, Shelley e tanti altri illustri visitatori del passato è sempre stato, e ancora lo è laddove non è stato massacrato, un valore da conservare e che può assicurare entrate economiche importanti perché il bello piace sempre e il turismo di qualità è una realtà consolidata e in fase di espansione.

Le torri eoliche, sempre più alte e con rotori sempre più ampi, sono visibili a chilometri di distanza e lo sguardo di chi osserva da lontano la linea di un crinale montano, quando incorre nell’eolico, interrompe l’osservazione e guarda altrove…

Il brutto non piace a nessuno, o quasi.
Un crinale eolizzato, con strade bianche che lo percorrono per via, prima, del cantiere per l’installazione delle torri e poi per la loro manutenzione, è, di fatto, un basamento industriale che di naturale ha ormai ben poco.

E le strade bianche di penetrazione in montagna di solito portano guai alla natura.
Ma allora le energie rinnovabili non servono? Certo che servono, ma lontane da bolle speculative e calate nel territorio con intelligenza e rispetto dell’ambiente, coerentemente con la vocazione del territorio stesso.

Un esempio di questo sono le grandi centrali idroelettriche presenti nell’arco alpino, ormai pienamente “inserite” nel territorio, e che contribuiscono per il 12% al fabbisogno elettrico nazionale.

L’Italia è un paese poco ventoso con una ventosità media che è circa la metà di quella dei paesi del nord Europa e quel poco vento che c’è lo si trova principalmente sui crinali montani, ergo un paese serio consapevole del valore della bellezza dei luoghi nonché dei suoi ambienti naturali dovrebbe far sua una strategia d’impiego di energie rinnovabili tale da relegare l’eolico per esempio nei distretti industriali, ammesso che ci sia vento sufficiente, o magari a ridosso di preesistenti infrastrutture civili quali autostrade o ferrovie così da minimizzarne l’impatto.

Stessa cosa vale per il fotovoltaico, meno impattante dell’eolico in quanto struttura statica priva di parti dinamiche in movimento, tuttavia anche per questa importante fonte energetica esistono applicazioni altamente negative come i campi fotovoltaici realizzati impegnando ettari ed ettari di terreno con buona pace del tanto vituperato consumo del suolo.

Studi qualificati hanno dimostrato che utilizzando le superficie dei tetti di case e industrie, le prime senza vincoli architettonici, per l’installazione di pannelli fotovoltaici si arriverebbe a coprire il 30% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.

Perché non si fa? Perché con le normative attuali è complicato realizzare una distribuzione capillare del solare fotovoltaico.

Ci vorrebbe un sussulto della nostra politica, spesso mediocre, tale da semplificare le procedure incentivando le migliaia di utenti potenziali (leggi condomini) che hanno già sopra la loro testa buona parte della soluzione del problema.

Vengono i brividi leggendo che entro 2030 il 90% dell’energia elettrica in Italia sarà prodotto da energia rinnovabile. Se il criterio di ubicazione degli impianti è quello attuale avremo perso una grande opportunità per fare qualcosa d’importante e durevole per le generazioni future.

Chissà in quale girone infernale avrebbe messo il sommo poeta i dispensatori del brutto…

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C’è un piacere nei boschi senza sentieri,
c’è un’estasi sulla spiaggia desolata,
c’è vita, laddove nessuno s’intromette,
accanto al mare profondo, e alla musica del suo sciabordare:
non è ch’io ami di meno l’uomo, ma la Natura di più.
Byron

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