Ripensando alla fragilità

DI MARCO ZUANETTI

“Per comprendere cosa si intende per fragilità è necessario ripensarla, sconvolgere il significato, di debolezza, se non di malattia, che è stato imposto dalla cultura moderna dominante, per riscoprirne l’autentico senso.

La fragilità, intesa come timidezza, tristezza, inquietudine, mitezza, sensibilità, è intessuta nella carne e nell’anima dell’uomo.

Questa è la culla dell’umanità, che permette non solo di riconoscere l’uomo nella sua autentica essenza profonda, limitata ed insicura, senza mistificazioni e falsi miti, ma che consente di cogliere il bisogno dell’altro, poichè è proprio in quest’ultimo che la fragilità trova la forza”. (cfr. Carlotta Maria Correra).

Norberto Bobbio dedica un intero saggio alla mitezza, virtù debole perchè propria degli umiliati della società che non avranno alcun potere, ma al tempo stesso virtù potente per una società migliore, essendo un farmaco alla degradazione della politica.

Simon Weil coglie la fragilità della carne, ricordando la facilità con cui questa può essere lacerata o trafitta ed individua nella fragilità dell’anima e della nostra persona sociale, il centro stesso del nostro essere’.

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