Scuola. Precari sotto tiro e con loro tutti i docenti italiani

di Salvatore Salerno

Un concorso straordinario che non si doveva fare, bastava una graduatoria per titoli e servizio per insegnanti con tre anni di precariato svolto senza demerito, chiamatelo concorso se non vi piace la parola graduatoria, un concorso che sarebbe stato perfettamente costituzionale e non sarebbe stato affatto nuovo nella storia del reclutamento scolastico.
Invece si è fatto in piena pandemia con tanti che non hanno potuto neanche partecipare, con scritto discutibile per contenuti, tempi di esecuzione, griglie di valutazione a maglie larghe per commissioni e sottocommissioni dove chi decideva ci ha messo quello che ha voluto per l’agognato 7/10 o per bocciare implacabilmente. 

Bocciare i portatori di un diritto alla stabilizzazione chiesto dalle corti europee e con una procedura d’infrazione sull’abuso di sfruttamento del lavoro precario in Italia. Risultato, quel concorso dei 32.000 posti, in fondo solo meno di un quarto di quelli che servono a settembre 2021, ha meno vincitori dei posti, quasi un accanimento delle commissioni dei bravi contro i loro colleghi. 
Tutto previsto e secondo copione per dimostrare che il problema della scuola sono gli insegnanti. Contenti di questo concorso e delle bocciature una parte del M5S e la fondazione Agnelli di Gavosto. Possibile? Come mai si trovano d’accordo alcune pentastellate, con in testa l’ex Ministra, con chi ha scritto la 107 renziana? Come mai il movimento che ha preso i voti della scuola nel 2018 si rivela renziano e confindustriale sulla scuola? Discorso lungo e restiamo ai fatti e all’attacco che ancora subiscono i docenti italiani, tutti, responsabili di tutti i mali della scuola pubblica, sottopagati, ininfluenti e che tali resteranno.
Questa volta si utilizza il cavallo di troia del precariato e della presunta impreparazione.
Viene in mente un semplice ragionamento matematico, sarebbe il 20% dell’organico di fatto quel precariato, cioè i non di ruolo che sono tutti gli anni in cattedra a settembre, quelli dell’organico di fatto, dei supplenti e incaricati, che rappresentano la classe docente italiana i responsabili secondo Gavosto e alcune parlamentari? Nessuna prova che questi docenti precari siano tutti da buttare via, ma anche se fosse e non è, quella è la rappresentazione prevalente di stampa e tv. E’ questo che intendono alcune pentastellate o ex pentastellate o piuttosto alludono e fanno passare nell’opinione pubblica il messaggio devastante che accomuna anche e soprattutto quell’80% di insegnanti di ruolo che paradossalmente critica i loro colleghi precari dall’alto del loro presunto merito autoreferenziale e conseguito chissà come e chissà da cosa.
Una categoria suicida e che non ha futuro se incapace di difendere il lavoro e difendersi.
Tutto questo alla vigilia di un rinnovo di contratto di pochi spiccioli e, certo, tutto, si spiega. Si chiudono le porte ai giovani? Un’altra fandonia quando ogni anno mancano 200.000 cattedre e non si copre neanche il turn over dei pensionamenti, quando ci sono le classi pollaio e un organico di diritto uguale a quello della Gelmini, dopo 13 anni e altri otto Ministri. C’è posto nella scuola pubblica, se si mantiene tale, per centinaia di migliaia di docenti e, passata una necessaria fase transitoria, si può e si deve ripartire con i concorsi ordinari con i tempi giusti e senza produrre altro precariato.
Ma a chi vuole ragionare se prevale sempre e comunque la propaganda interessata a mettere meno soldi nella scuola per dirottare le grandi risorse su altri portatori di interessi privati? Basta dire, affermare e riaffermare per la politica che la scuola è una priorità. E già, lo vediamo.
Il Ministro Bianchi, il nuovo temporeggiatore,  abbia il coraggio di stabilizzare i precari in ruolo e coprire le cattedre a settembre, rafforzi l’organico in pandemia. Non pensi all’estate in festa, che non è compiuto del Ministero dell’Istruzione, non sprechi risorse come avviene da oltre un anno per poi magari vantarsene impunemente.
Docenti precari: basta con la retorica del "largo ai giovani" - Orizzonte Scuola Notizie

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