Soggetti smarriti

DI GIOVANNI BOGANI

È il regalo che ogni tanto mi concedo, fare la pace. Anche con gli oggetti. A volte, sembra che lo faccia apposta a perderli, a stare giorni interi senza riuscire a ritrovarli. Oggetti a cui, naturalmente, tengo da morire.

Libri, penne Bic dal potere magico, braccialetti di cuoio che sicuramente mi proteggeranno dall’immensità del male, occhiali da vista che mi rendono un uomo migliore, berretti di lana che così belli non ne ho avuti mai, maglioni che chissà dove sono finiti: ma anche chiavette Usb, cappucci di chiavette Usb con una loro bellezza trasparente. O cose più serie, quaderni pieni di appunti, file pieni di fotografie, la canzone che ho scritto e che mi sembrava bellissima.

Tutti perdiamo delle cose. Non so se tutti ci sentiamo ugualmente smarriti, feriti, abbandonati da oggetti che forse hanno i superpoteri. Spero che ci siano persone mentalmente più stabili. Ma io, quando li ritrovo, ci faccio la pace e li abbraccio, li coccolo, mi sento per un attimo felice.

E vorrei fare la pace, infine, anche con la vita. Ma ormai sono chiuso in questa guerra, in questa trincea da Prima guerra di mondiale di cartacce, libri e abitudini. Nei corridoi obbligati del mio appartamento, sempre più simile a una trincea, anche come temperatura e come rancio. Mettere il naso fuori, nella terra di nessuno, mi fa sempre più paura.

Mi fanno paura le persone, mi fa paura far vedere il mio corpo senza più molte difese. Rimango nella trincea, come molti altri probabilmente. E non ho compagni a cui chiedere una sigaretta. Basta che si guasti una piccola cosa al computer, che sono perduto. Basta si guasti una piccola cosa nel mio corpo che ti raggiungo. Chissà se faremo veramente la pace, mamma.

Chissà se ti troverò. Chissà se questo è davvero un viaggio verso qualcosa.

Chissà quanti conoscono questa sensazione, di fare la pace: di liberazione, come nel 1945, la guerra è appena finita e, come dice Guccini, “c’era una voglia di ballare che faceva luce”. Quando la guerra è finita avevi ventidue anni, mamma. Ti rendi conto? Una ragazzina, con il mondo che si apriva.

Chissà se andavi a ballare, d’estate, quando sui Lungarni si aprivano mille dancing: me li immagino come quello a Castel Sant’Angelo, nel film “Vacanze romane”, Audrey Hepburn che balla con Gregory Peck. Chissà a chi assomigliavi, tu. In fondo ho così poche fotografie di te.

Immagine tratta da Pixabay

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