Storia dell’U. n° 19. (L’U. all’evento mondano)

di Paolo Massimo Rossi

Muoiono i vivi? L’U. chiese a Miss Thanatogenos. Ma lei (la Miss) potrebbe confacendo quadrarsi, più verolmente, con omolografia disvertente, vivono i morti? Attento! Io Tornerò, Miss informò. Perplesso il maestro articolò, (Chi era costuide? Il maestro cioè. l’U. ne stava leggendo l’opera quarta): “Siamo il loro ideuso di studio” e, scalpitando su sedia, prese d’acqua un bicchier e trasparentemente lo traguardò.

L’U. chiuse il tomo: era sfibrosante lettura.

Ne aprì un altro di più vecchietà. S’interrogò: nuovità! Chi sono io (l’U.)? Può darsi il più gran fenomeno che si sia mai detto? Sì, ma dov’è l’uccelletto? Volò via dall’Ulivetto dove il vento ventò l’omegabetto.
Che, procaccia S.S., inviò se stesso per esser denudato e flagellato, poi affisso a porta di granaio, qual poor pusiasalis! Come sussurrò Mobattèn, il viceré della schiavindù.

L’U. chiuse il libro: troppel’ evato era il caloscritto.

Poi, guardò un calendàrebdò. Sarà fardà l’icolata. Sorrise a più denti (quelli de) l’U., la perdita di due emme e d’un’A più di tanto non lo turbò. Idea khashanghi non fu.
Icolata incombette: da schermo unipinto (ma vario) sbucò ape deprivata di forunchèi (ormai morti) buttati tra gli speciali rifiù di nosocom d’historia ormai clinipòlci. Fu allor che l’U. chiese a matrigna d’ape Rachè: dov’è Mircalù? Ma con calcio da Quatàr rivenù, Raché per le scale (ri)spedì lontano da stelle lei (Mircalù). Disse solo: era l’ora menuta. Plauso, node-fu-dente, appaiando i due cuori unì.

Bisognoso di vomito rivante (inevitabil dopo ape Mircalù), l’U. verso il cesso n’andò. S’inginocchiò (pur c’era sempre un’icolata in arrivo), conato non potò trattener, non per forunchèi o per smagliato dentò, ma per parole che più banal non (si) può.

Idea l’U. cambiò. Trattenne il per giù, morròi dolorò. Su ginocchia stese il quoto giornàl. Rettangoli ben rifilati: leggendo imparò: Zel chi fu? Ig-ggì potè darsi.

Tanto valeva tornàr dove vivono i morti. Miss Thanatogenos dicette ancòr dicendo: a domani.

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