Un amico insolito ( racconto di Natale)

DI FANTINO MINCONE

Nuvole di pensieri mi frullano in testa in un grigio pomeriggio autunnale mentre percorro le viuzze dai balconi fioriti dell’antica Teate, oggi Chieti.

Fragranze inaspettate mi assalgono, in un mix di odori stuzzicanti e appetitosi, ma le persone sembrano ombre fuggenti. Come i gatti furtivi e sguscianti dentro quelle arcate basse, dove, un tempo, c’erano negozietti pittoreschi di artigiani locali.

Con la mente distratta e le spalle curve arranco per le ripide scale di Porta Pescara e m’inoltro nel cuore della città, lungo il Corso Marruccino che sale fino alla Villa Comunale, ma tutto pare estraneo al mio sentire e al vibrare dei passi sul selciato umido di pioggia recente.

Scopro un mondo rovesciato: il moderno soffoca l’antico, le zone verdi cementificate, i panorami mutati (infestati da orribili gru) e la gente sempre più indifferente!
Purtroppo oggi sembra dominare l’egocentrismo; ma se i “valori” si dissolvono comincia un’epoca di decadenza!

Non c’è più rispetto o attenzione tra le persone: si cammina fianco a fianco, ci si sfiora, ci si urta o ci si scontra, ma nemmeno un cenno di saluto! Triste è la solitudine egoistica, e chi non si apre mai agli altri non vive pienamente la propria libertà. Ma anche una vita senza vincoli non significa assoluta libertà.

Nell’atmosfera di festa, tra addobbi natalizi, scendendo le scalette, che costeggiano il muraglione del lato nord della Villa, incontro un vagabondo che, in un angolo semibuio, sta urinando indisturbato alla parete già fradicia e puzzolente! Per un naturale senso di repulsione, mi giro dall’altra parte, ma poi, un po’ per curiosità e un po’ per compassione, mi fermo e lo avvicino.

Appena mi vede, il barbone mi viene incontro, elemosinando. Io gli dico: “Va bene, ti do qualcosa, ma non andare subito al bar a scolarti l’ultimo centesimo, vieni con me, camminiamo insieme per un tratto di strada e parlami un po’ di te”. Barcollava come fosse ubriaco, e il suo viso pallido e anemico per le troppe notti insonni, sembrava rubicondo al tramonto… tra le nebbie diradanti dalla Maiella su un panorama di anneriti tetti fumanti.

Appariva vecchissimo ma pur avendo i capelli bianchi, era più giovane di me. Anche la fame, quella vera, sembrava strozzargli lo stomaco; e forse procedeva curvo perché schiacciato dal peso della solitudine.
Caro amico barbone, per molti sei una distrazione e per altri addirittura un fastidio!
Tu sei mite, anche se un po’ burbero: a me sei simpatico e, senza pregiudizi, voglio far sentire la mia vicinanza a te e a tutte le persone “invisibili”.

Nella sventura sei un essere amorfo e apolide, costretto a nuotare in un mare d’indifferenza…
Perduta ogni identità sociale, sei immerso in un mondo insensibile e, per sopravvivere, sei obbligato a crearti affetti e sogni. Con occhi di terrore devi affrontare la vita ogni giorno sperando di surclassare la immeritata povertà! Hai la tua vita, ma piena di tristezza e noia, sempre intento a carpire un po’ di serenità. Consolati, oggi per tanti è così. E non c’è più condivisione.

Caro vagabondo, sembri un pulcino tremante e bisognoso di cure. E somigli tanto ad un “passero solitario” con le ali tarpate. Ti senti scoraggiato perché ogni giorno vedi sfumare il sogno di una vita normale. Non sai più qual è la mèta, hai perso il senso d’orientamento e non sai dove “posare il capo” né dove ti porterà il cuore. Ma pensa a questa canzone di Gianni Morandi: “Se sei a terra, non strisciare mai / se ti diranno sei finito…non ci credere…!”

A volte ti sembrerà di scendere in voragini di noia ma non devi cedere a manie depressive. Quando ti troverai a trascorrere ore insipide e uggiosi giorni su panchine solitarie, ti prego, non invidiare i passanti… che sembrano felici, mentre tu stai pensando che è già sera e ti prepari ad affrontare un’altra notte carica di nebbia, sperando di trovare conforto tra le braccia di Morfeo.

E quante volte hai dovuto ingoiare bocconi d’angoscia e rospi d’insulti e non morire dentro?! Dovrai forse rinunciare ad una donna, perché sarebbe un amore senza futuro, ma con candore sognerai mani vellutate sulla nera pelle e dorati capelli a sfiorare il tuo ruvido viso! E non mollare se ti trovi ad affrontare tragitti di sofferenze intense, perché, proprio come fanno i salmoni, certamente anche tu risalirai una insidiosa cascata.

Come ogni viandante notturno inizierai il tuo viaggio immaginario dondolando su una falce di luna o cavalcando dorate nuvole per raggiungere una stella come fissa dimora.
L’illusione rinfrancherà la mente, divenendo cibo leggero che alimenta ogni speme, e riuscirà a creare un universo tutto particolare con altalena magica fra terra e cielo, abbellita dai colori dell’arcobaleno, con primaverile brezza a cullare le tue utopie.

Come sarebbe bello un mondo così, vero? Ebbene, anche tu sai che “non si vive di solo pane”, ma sai pure che non si vive senza pane… e le illusioni possono accrescere la rabbia di chi è costretto a dissetarsi solo a pubbliche fontane.
Sei cosciente che dovrai percorrere sentieri impervi, con le scarpe consunte fino alla carne, per trovare uno spiraglio di normalità, ma tu non hai mai fretta, stai sempre attento a dove metti i piedi, per paura di inciampare o di commettere passi falsi e finire in un baratro!

Scrive Gabriel García Márquez: “Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi”.
Spero che tu possa incontrare spesso dei buoni samaritani che regalano assistenza e amore!
Dagli aforismi di Samuel Johnson: “La vera misura di un uomo si vede da come tratta qualcuno da cui non può ricevere assolutamente nulla in cambio”.

Caro amico, la vita è sempre una sorpresa, specie dopo i tornanti e le fiaccanti salite… ma anche quando ci si trova in desolate pianure con grigio contorno di noncuranza; o in fredde metropolitane! Per te, che non hai fissa dimora, la panchina è una necessità, come per tanti emarginati che non trovano altro, o che finiscono sotto i ponti! Ma la panchina è anche simbolo di saggezza: saggezza dovuta all’età, ai sacrifici, alle conoscenze e alle esperienze maturate.

Ti invito a scordare la rabbia di oggi, l’amarezza di ieri e la paura del domani. Ti esorto a rialzarti dall’apatia o dalla depressione; con la forza d’animo puoi raddrizzare le gambe fiaccate, erigere la persona e… guardare più serenamente al futuro.
Scrive Ernest Hemingway: “Ora non è il momento di pensare a quello che non hai. Pensa a quello che puoi fare con quello che hai.” La vita non è stare in panchina a dormire, fermi ad aspettare la morte! No. Ogni mattina il sole ti viene a scovare sotto i cartoni, ti sorprende con bagliori vivi negli occhi stanchi.

L’alba sospende i sogni che rovistano l’anima, mentre ti sgranchisci le gambe anchilosate, e puoi aprire le ante a un nuovo giorno. Ecco che il coraggio di vivere ti prende per mano e ti stringe con dolcezza, mentre il volto è solcato da lacrime di gioia. Nascondendo nello zaino l’antica tristezza, potresti perfino pensare di essere felice.

In attesa della notte, raccontami la tua odissea e facciamoci compagnia a vicenda: anch’io mi sento estraneo a questa vita. Dalla tua storia vissuta potrei imparare molte cose.
Per te, ogni tramonto rappresenta un tuffo in un mondo dominato da incognite e ombre
e ogni dolore risveglia l’attenzione ai bisogni di altri fratelli.

Per te, ogni lacrima scalda il viso negli inverni di freddo violento
e ogni abbaiare dei cani di strada serve a rompere il cerchio della solitudine.
Per te, ogni auto che passa è sinonimo d’inquinamento, non solo di lusso
e ogni luogo al coperto diventa un nido per sconfiggere la pioggia.

Per te, ogni catapecchia appare come luogo ameno e un rifugio con parvenza di casa
e ogni marciapiede è metafora di cambiamento e adattamento all’elemosina.
Per te, ogni fuocherello alimenta una fiamma viva di calore e affetto
e ogni stella è la cosa più bella che brilla nella notte degli abbandoni.

Per te, ogni profumo di donna è tormento interiore di amori solo immaginati
e ogni odore di cibo è tortura psicologica e affronto per la pancia che brontola.
Per te, ogni gesto di solidarietà è un dolce raggio di luna che filtra tra i cartoni
e ogni pacca sulla spalla è contatto di calore umano e di coraggio.
Per te, ogni tintinnio di monete è musica alle orecchie e ogni banconota accorda un’orchestra
e ogni accenno di saluto è un mistero che riempie l’incolmabile vuoto d’affetto.

Per te, ogni sorriso è sollievo alla tristezza cucita addosso come vestito quotidiano
e ogni amicizia è il riscatto dall’angoscia incrostata sulla pelle.
Per te, ogni stretta di mano è la forza della vita mescolata al fetore degli stracci
e ogni carezza è gratificante gioia e diventa droga di vivere.

Per te, ogni abbraccio è mistero di bontà e un gesto di pura carità
e ogni cassonetto può diventare fonte di insolita ricchezza… nello scoprire che, anche tra la spazzatura, puoi trovare cose utili. E da quell’humus possono sbocciare deliziosi fiori di speranza!
Molti si vantano di avere amici influenti, ricchi e importanti… io ho scelto te; e questo da molti è ritenuto insolito. Ma io percepisco la tua bellezza interiore. Non solo.

Vedrai, un giorno, anche tu potrai liberarti di quei vestiti logori e fuori misura per indossare un vero abito. A questo ci penso io. E, anche con i capelli arruffati e la barba lunga, sarai molto elegante. Sarai raggiante e avrai un sorriso aperto su un mondo migliore.
Nel salutarti, ti regalo anche un consiglio: non scoraggiarti mai!

Non so nemmeno il tuo nome, ma ciò non ha alcuna importanza.
Ciao, a domani… e ricordati che sei invitato a casa mia per il pranzo di Natale.

Immagine tratta dal web

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