Viola, poteva essere tutta un’altra storia

DI GIOVANNI BOGANI

Non mi sono mai chiesto troppe cose sul Natale, quello dei Vangeli. Non mi sono chiesto com’è che Giuseppe e Maria finirono in una stalla, a veder nascere quel bambino.

E ho scoperto delle cose. Beh, che Gesù non era figlio di Giuseppe lo sappiamo. Ma che l’Annunciazione, nel Vangelo di Matteo, sia fatta a lui e non a lei, a Giuseppe e non a Maria, questo non lo sapevo. E non sapevo neppure che, mentre Gesù nasceva, Giuseppe e Maria non erano neppure sposati. Erano come saremmo stati, mamma, Anna Maria ed io: se fosse nato quel bambino, quando avevamo vent’anni. Concepito il giorno di Natale.

Quel pomeriggio, dopo aver fatto l’amore nella tua casa spoglia, gelida, con le finestre su un paesaggio sovietico di casermoni a Scandicci, mi scappò detto “speriamo bene”. A te, Anna Maria, non venne il ciclo per due mesi. Saremmo stati fuori regola come Giuseppe e Maria. Anzi, almeno in quel caso si sarebbe saputo chi era il padre.

Invece non è andata così. Chissà quanto lo avresti amato, Anna Maria, quel bambino. E quanto ti sarebbe piaciuto, mamma, spaventarti a morte per un nipotino, invece che per tuo figlio. Invece, solo due mesi di spavento, di terrore, di pensieri, di responsabilità immaginarie: cambiare i pannolini, cercare subito un lavoro, rimanere per tutta la vita con Anna Maria, tenerla per mano mentre andavamo a ripetere il test di gravidanza, che a casa era stato positivo, e ci aveva gelato il sangue. Per essere sicuri, andammo all’ospedale di Santa Maria Nuova.

E poi quel mese di pensieri, di timori e anche un po’ di speranze si dissolse in una manciata di lettere nel foglio dell’ospedale. Quel foglio che aprimmo insieme, col cuore che ci scoppiava. “Negativo”.

Adesso, quel timore e quella speranza avrebbe trentacinque anni. Chissà. Chissà. Sarebbe un ricercatore finito in Svizzera, si sarebbe specializzato in cooperazioni internazionali e sarebbe finito a Bruxelles, o sarebbe finito senza una lira, senza una ragione, senza un motivo per essere felice.

Se avrebbe fatto piano bar, o domanda per lavorare in una libreria; se sarebbe finito in Australia o a consegnare pizze con Glovo. La vita è una serie di variabili che non possiamo prevedere. E poi, chi l’ha detto che sarebbe stato un ragazzo? Magari si sarebbe chiamata Viola, sarebbe diventata agronoma come te, Anna Maria. O musicista seria, o illustratrice di libri per bambini. Viola. Poteva essere tutta un’altra storia.

Immagine tratta dal web

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