Additivi, conservanti alimentari e rischi eventualmente associati

di Cristina Piloto (biologa e nutrizionista)

Gli additivi sono sostanze aggiunte agli alimenti per prolungarne la conservazione, preservarli da contaminazioni microbiche e irrancidimento, e migliorarne il sapore, il colore e la consistenza, in particolare nei cibi industriali. Gli additivi si classificano in base allo scopo per cui si utilizzano.

I conservanti rallentano lo sviluppo di microbi, gli antiossidanti i processi di irrancidimento. Vi sono poi additivi utilizzati per migliorare le caratteristiche sensoriali e la consistenza degli alimenti: coloranti, addensanti, emulsionanti, dolcificanti ed esaltatori di sapidità. Infine, alcuni additivi, come gli antiagglomeranti, facilitano la lavorazione degli alimenti ma non hanno una funzione nel prodotto finale.

Tra gli additivi di origine naturale troviamo alcune vitamine e nutrienti importanti per la salute: la vitamina C, o ascorbato (E300) e i derivati (E301, E302,E303) sono utilizzati come antiossidanti; il licopene (E160d), presente nel pomodoro, le antocianine (E163), abbondanti nei frutti di bosco, la vitamina B2, o riboflavina (E101), e la curcumina (E100) sono invece usati come coloranti. Glutammato (E620) e glicina (E640), due amminoacidi presenti normalmente nelle proteine, vengono impiegati come esaltatori di sapidità (ma attenzione, il glutammato, ad alte dosi può dare neurotossicità! È presente soprattutto nei dadi da brodo), mentre l’acido citrico (E330), contenuto nei limoni, è un comune regolatore di acidità. Tra gli addensanti, troviamo la pectina (E440), che viene comunemente utilizzata anche nella cucina domestica.

A oggi, le ricerche non hanno mostrato, in generale, una correlazione tra lo sviluppo di tumori e il consumo di additivi in quantità limitate. Fanno eccezione però i nitriti e i nitrati, usati come conservanti in particolare in carne e insaccati, a causa delle modificazioni che possono subire all’interno dell’organismo e possono convertirli in sostanze cancerogene.
I nitrati e i nitriti vengono utilizzati come conservanti e aggiungono sapore e colore alle carni lavorate.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), organo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha classificato i nitrati e i nitriti ingeriti come probabilmente cancerogeni per gli esseri umani (Gruppo 2A). I nitrati e i nitriti di per sé non sono cancerogeni, ma possono andare incontro, sia a causa dell’azione del metabolismo sia attraverso la cottura, a una serie di trasformazioni chimiche che li convertono in N-nitrosammine, composti che invece sono considerati cancerogeni.

I nitrati si trovano naturalmente in diversi alimenti, tra cui le verdure (bietole, sedano, rape, spinaci), e nell’acqua potabile. Di per sé, i nitrati sono innocui. Possono però essere convertiti in nitriti dall’azione delle ghiandole salivari nella bocca. I nitriti, a loro volta, possono combinarsi con altre molecole, le ammine, presenti negli alimenti ricchi di proteine come carne, salumi, formaggi, a formare le N-nitrosammine, che sono invece cancerogene.

La formazione di nitrosammine avviene spontaneamente nell’organismo umano: nell’ambiente fortemente acido dello stomaco i nitriti si convertono in acido nitroso, che a sua volta si combina facilmente con le ammine a dare le nitrosammine. Anche la cottura ad alte temperature, come la frittura, favoriscono la conversione di nitriti in nitrosammine.

I nitriti sono utilizzati come conservanti perché sono essenziali a impedire lo sviluppo di microorganismi patogeni potenzialmente molto pericolosi, tra cui il Clostridium botulinum che causa il botulino.

Le attuali normative di legge che regolano l’uso dei nitriti come additivi alimentari sono basate sul principio che consente il loro utilizzo in piccole quantità per i cibi in cui il rischio per la salute di una possibile contaminazione da botulino è molto maggiore del rischio di aumentare la probabilità di tumore. In ogni caso, il limite massimo di nitrito ammissibile per la legge italiana è di 150 milligrammi per chilogrammo di prodotto alimentare.

L’assunzione alimentare prolungata di grandi quantità di nitriti è associata con un aumento del rischio di sviluppo del cancro allo stomaco e del cancro all’esofago. Andrebbero quindi evitati o fortemente ridotti i cibi contenenti nitrito di potassio (E249), nitrito di sodio (E250) e nitrato di potassio (E252), presenti soprattutto nella carne in scatola, negli insaccati e nelle carni lavorate.

Infine, alcuni antiossidanti come la vitamina C (E300) e suoi derivati, come l’ascorbato di sodio (E301) e l’ascorbato di potassio (E303) inibiscono la formazione di nitrosammine da nitrati e nitriti e per questo vengono spesso sfruttati in abbinamento nell’industria alimentare.

*Immagine tratta da Guida-consumatore

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